L’Intervista. Debora Piccinini: Dipingere? Percorso di sofferenza emotiva. Così si da vita ad una storia e ai dettagli della vita.

di R. Matteo D’Angelo

 

Debora Piccinini ha 30 anni, ha vissuto a Ortona per la maggior parte della sua vita, ora vive a Firenze dove ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti e, in seguito, è diventata una pittrice che può vantare progetti artistici di assoluto interesse. Le sue tele esprimono una passione innata, portata avanti con convinzione e assoluta dedizione. Il talento dell’artista traspare dalle sue opere eclettiche, rispecchiano sfaccettature della realtà creativamente rivisitate e una devozione verso i più svariati soggetti che non vengono mai ridotti a una mera tecnica artistica, piuttosto ampliati dall’ispirazione che ha guidato l’esistenza di Debora verso la sua carriera.

 

Qual è stato il percorso che ti ha portato a diventare una pittrice?
C’è stato un momento in cui hai realizzato che sarebbe stato il tuo lavoro?

“L’ ho sempre saputo. Ero piccolissima quando dicevo “da grande farò la pittrice”. L’iscrizione al liceo artistico e poi all’accademia son venute da sé. Per me è sempre stato tutto naturale, non ho mai avuto alcun dubbio nemmeno di fronte ai tanti ammonimenti ricevuti sulla difficoltà del percorso. Non avevano torto, ma sapevo che non avrei potuto fare nient’altro. Non posso fare altro che ringraziare i miei genitori: a differenza di altri hanno sempre creduto che fosse la scelta giusta, nonostante le difficoltà che avrei incontrato. Tuttavia la vera, matura consapevolezza che dipingere sarebbe stata la mia vita l’ho avuta dopo l’incontro con il prof. Adriano Bimbi. Il mio Maestro di pittura (e di vita) all’Accademia di Belle Arti di Firenze: da questo magico, fortunato, miracoloso incontro è iniziato tutto davvero. Ciò nonostante il sentiero da percorrere è stato molto difficile. Ma non ho mai mollato. Oggi dipingo e sono insegnate del corso di pittura presso la scuola d’Arte di Lucca.”

C’è qualche pittore o qualche corrente artistica che ha avuto un impatto particolare sul tuo stile (e sulla tua vita)?

“In questi anni ho avuto modo di studiare e conoscere molti artisti ingiustamente sconosciuti che mi hanno aperto un mondo. Non mi sento di nominare un singolo artista o corrente. Rubo, osservo quello che mi interessa dagli artisti più diversi: dal caos di Turner alla sintesi della pittura novecentesca, dal tripudio della materia della pittura veneta al silenzio delle geometrie del rinascimento toscano.”

A quali lavori ti stai dedicando negli ultimi tempi?

“Paesaggi. In particolare il mare della mia amata costa abruzzese”.

Da dove hai preso l’ispirazione per gli ultimi notturni?

“Un notturno mi è venuto fuori quasi per caso. Mi spiego, a volte sono delle macchie casuali che si creano casualmente sul foglio a darmi l’idea. Come dicevo prima per me il dato reale è un punto di partenza, ma mi piace poi far viaggiare l’immaginazione. E in quel caso ho immaginato un trabocco illuminato di notte… Mi sembrava appunto “una stella”. Mi ha sempre affascinato la notte.”

Jaspers in Genio e Follia afferma che “lo spirito creativo dell’artista, pur condizionato dall’evolversi di una malattia, è al di là dell’opposizione tra normale e anormale e può essere metaforicamente rappresentato come la perla che nasce dalla malattia della conchiglia: come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così di fronte alla forza vitale dell’opera non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita.” (In sintesi, l’arte appartiene alla follia dell’artista, non farti fuorviare dal termine schizofrenia). Potrebbe appartenerti questa osservazione?

“Trovo un po’ stucchevole le interpretazioni romantiche che si attribuiscono agli artisti. Tuttavia condivido in parte per quella che è la mia esperienza. Soprattutto fino a qualche tempo fa ogni mio quadro era un vero e proprio parto. Un processo molto lungo fatto di ripensamenti, di costruzione e distruzione, di autentica sofferenza emotiva. Se si vede solo la perla non lo so. Quello dovete dirlo voi.”

Ho notato che lo spazio per te ha un’importanza cruciale. Da dove nasce l’esigenza di contestualizzare i tuoi soggetti?

“Ottima domanda, me lo chiedo spesso anch’io. Per me rappresentare gli spazi non significa tanto “contestualizzare” ,ma raccontare. Ho sempre sentito esigenza di dipingere gli spazi che mi circondano. Credo che una stanza possa raccontare quanto un volto. O forse per me sono un po’ la stessa cosa. Me ne sono accorta nel dipingere i ritratti. Dipingere solo un volto non mi basta, ho bisogno di ritrarre anche quello che è il suo mondo. Banalmente, dipingere gli interni mi diverte.”

Nella tua arte si nota una peculiare attenzione ai dettagli: ci sono dei soggetti e delle atmosfere in grado di colpirti in modo tale che non puoi non rappresentare?

“Il cielo, l’aria e il mare, la mia ossessione. Quando riuscirò a dipingere l’odore del mare potrò ritenermi soddisfatta. La scelta dei soggetti varia in base al periodo. Ci sono stati momenti in cui riuscivo a dipingere solo oggetti, miniature. Momenti in cui preferisco la sintesi del disegno all’esuberanza del colore. Momenti in cui ho bisogno di dipingere ritratti. A volte dipingo per raccontare storie, altre volte semplicemente perché sono uscita in balcone e mi sono innamorata dell’ombra della mia tazza.”

Quali sono le tecniche e i metodi che prediligi?

“La realtà è la mia massima fonte di ispirazione. Parto da disegni o piccoli dipinti che faccio dal vero. Lavorare dal vero per me è fondamentale per fare mio ciò che vedo. Tuttavia la realtà è solo il punto di partenza. Studio la realtà per poterla ribaltare. Non uso sempre le stesse tecniche anche se ultimamente prediligo la pittura ad olio. È la tecnica che mi consente maggior libertà espressiva.”

Come in tutte le carriere anche tu avrai avuto alti e bassi immagino.

“Il momento peggiore è stato quando, finita l’accademia, ho iniziato a lavorare in altri ambiti per potermi mantenere. Mi sentivo lontana da quello che era il mio mondo. Non dipingevo praticamente più. Il momento migliore? Durante la quarantena!”

C’è una tela che più senti tua e rappresenta al meglio un determinato momento della tua esistenza?

“Sì. La serie di disegni grandi e piccoli sulle cave di marmo di Carrara. Lì ho capito la potenza evocativa di un paesaggio. La prima volta che vidi quelle montagne per me erano già quadri. Ho “solo” dovuto farli. Da quel momento non ho più smesso di disegnare e dipingere paesaggi. Inoltre la serie delle cave coincide anche con la fine dell’accademia. Rappresentano la sintesi di tutto quello che è stata la mia ricerca negli anni di accademia. Una fine che non è stata altro che un grande inizio.”

Dopo aver vissuto molti anni sia in Abruzzo che in Toscana, trovi che ci sia una differenza nella ricezione dell’arte da parte del grande pubblico tra l’Abruzzo e Firenze?

“Non saprei rispondere. Sono 13 anni che vivo a Firenze, mi è abbastanza chiara la situazione qui, ma da quello ho potuto vedere noto con piacere una certa rinascita anche culturale della nostra Terra.”

Le tue tele hanno varcato i confini nazionali. Ci sono differenze nel modo in cui viene recepita all’estero e in Italia?

“La differenza secondo me è che all’estero l’arte viene vissuta come viva. Gli italiani, viziati dall’immane patrimonio artistico sono abituati a vedere l’arte come qualcosa di antico, da museo. Parlo ovviamente della ricezione da parte del grande pubblico. Per fortuna ci sono occhi sensibili che investono sugli artisti contemporanei anche in Italia.”

Se una ragazzina venisse da te e ti dicesse di voler intraprendere la tu stessa strada, che consigli le daresti?

“Le direi di intraprendere questa strada con coraggio che determinazione, senza mollare mai. Perché come dice sempre il mio Maestro “la pittura è dura ma è un’avventura straordinaria”. Non posso che ripetere le sue parole.”

Hai progetti per il futuro?

“Se li avessi non li direi a nessuno per scaramanzia.”

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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2 Commenti

  1. Mare. Cielo. Pietre.
    Colore. Passione. Materia.
    Questa è la breve sintesi dell’arte di Debora Piccinini, secondo il mio modesto parere, dopo la visione di qualche dipinto sui media.
    Quando verrò e vedrò una sua mostra in Ortona?
    Bravississima e buone giornate

  2. ———Interessantissima la tua intervista!, vi sono alcuni punti , frasi che mi hanno colpito molto e che condivido pienamente. Quando osservo i tuoi quadri sento sempre una forte emozione perchè mi sembra, forse mi sbaglio, di sentire che trasmetti una sincerità emotiva straordinaria.
    , cosa molto rara al giorno d’oggi.
    tanti saluti Walter Sarfatti

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