Canti e balli tradizionali hanno caratterizzato la giornata dedicata
alla rinascita e riscoperta di Fonte Barco, il luogo dove fino ai primi
del ‘900 le donne venivano per il bucato. Una nutrita comitiva ha
raggiunto il posto attraverso via Biancospino, un sentiero recuperato
con un’attenta pulizia: alla Fonte dopo un piccolo spettacolo tenuto da
donne in costumi d’epoca, divise tra canti e panni, Giovanni Damiani ha
tenuto una breve lezione sulla storia e le origini della Fonte.
Damiani ha rivelato che si tratta di una struttura di età precristiana: “lo
testimoniano le nicchie ripristinate dopo il restauro. Non hanno alcuna
funzione pratica, ma un motivo religioso. I punti d’acqua” infatti
“erano sacri perché dividevano l’inizio della vita dal regno dei morti”.
Questa è la ragione per cui le ninfe presidiavano le fonti, ed evitavano
così a chi le visitava i pericoli che potevano arrivare dall’aldilià.
Damiani ha poi chiarito il significato di Fonte Barco: “l’ho scoperto
grazie a un trattato sull’allevamento delle pecore scritto nel ‘700.
Barco significa sosta, infatti in quest’area si praticava la piccola
transumanza verso i pascoli.” Le pecore, tosando i prati, avevano una
funzione importante nel trattamento del bucato: “stendendo i panni
ancora bagnati sull’erba, le donne dell’epoca sfruttavano la fotosintesi
clorofilliana creando una sorta di tenda ossigeno”. L’ossigeno, assieme
al sole, sbiancava e disinfettava i panni, in maniera più efficace degli
odierni prodotti chimici. Al tempo la cura della dote, cioè il lavaggio
e la cura della biancheria, veniva effettuato poche volte l’anno, a
seconda della distanza delle famiglie dall’acqua: “c’era anche chi
faceva il bucato solo quattro volte l’anno” ha chiarito Damiani. Luoghi
come la Fonte Barco, erano dunque particolamente importanti. Tra i
particolari del restauro, l’utilizzo di una malta “identica a quella
dell’epoca” grazie alla collaborazione con un laboratorio specializzato
di Venezia. Presenti diversi amministratori comunali e il sindaco
Luciano Di Lorito, che ha ricordato di quando, come tanti ragazzi della
sua generazione, raggiungeva la fonte per giocare. Dopo il ritorno in
via Dietro Le Mura, all’Area E-Spò, balli e “Sdijùne”, un buffet dal
nome del pasto che veniva portato ai contadini durante i lavori nei
campi.