Istat, in povertà relativa il 10,6% delle famiglie

 La stima dell’incidenza della povertà relativa (percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà), che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile pro-capite nel Paese, e nel 2016 è risultata di 1.061,50 euro (+1,0% rispetto al valore della soglia nel 2015, quando era pari a 1.050,95 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore sono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza, che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti (Cfr. Glossario e Nota metodologica). Nel 2016, si stima siano 2 milioni 734mila le famiglie in condizione di povertà relativa (con un’incidenza pari a 10,6% tra tutte le famiglie residenti), per un totale di 8 milioni 465mila individui (14,0% dell’intera popolazione). Di questi, 4 milioni 339mila sono donne (14,0%), 2 milioni e 297mila sono minori (22,3%) e 1 milione e 98mila anziani (8,2%). 

L’incidenza della povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2015 in termini di famiglie (da 10,4 a 10,6%) e di persone (da 13,7 a 14,0%); tale stabilità è confermata anche nelle diverse ripartizioni territoriali. L’intensità della povertà nel 2016 è pari a 24,3% e corrisponde ad una spesa media equivalente delle famiglie povere di 803,79 euro mensili; nel 2015 era di 808,36 euro (23,1%). Nel Nord e al Centro l’intensità è in crescita, rispettivamente da 19,9% a 24,7% e da 18,8% a 23,7% mentre nel Mezzogiorno alla più ampia diffusione della povertà si associa una riduzione dell’intensità, che passa da 25,2% a 24,3%. Analogamente alla povertà assoluta, l’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie più numerose con 5 o più componenti (30,9%); nel Mezzogiorno il valore raggiunge il 39,7%. In generale, si tratta per lo più di coppie con tre o più figli e di famiglie con membri aggregati, tipologie familiari tra le quali l’incidenza di povertà è pari, rispettivamente, a 28,1% e 19,9% a livello nazionale, arrivando a 34,8% e 30,5% nel Mezzogiorno. Il disagio economico si fa più diffuso se all’interno della famiglia sono presenti figli minori: l’incidenza di povertà è al 20,1% tra le famiglie con due figli minori e al 42,0% tra quelle che ne hanno almeno tre; se queste famiglie sono residenti nel Mezzogiorno sale, rispettivamente, a 26,8% e a 59,9%. Le famiglie di coppie con 1 o 2 figli mostrano valori superiori alla media nazionale (10,9% e 16,8%) così come quelle di monogenitori (13,9%, in particolare nel Mezzogiorno 26,7%) e le famiglie con 2 figli minori del Centro (20,5%).

Valori inferiori alla media nazionale si registrano invece tra i single (5,3%), le coppie senza figli con persona di riferimento di età inferiore ai 65 anni (7,5%) e le famiglie con almeno un anziano (7,8%). Rispetto all’età, le famiglie più colpite sono quelle con persona di riferimento sotto i 45 anni (14,6%); di contro, si rilevano valori inferiori alla media nazionale tra le famiglie con persona di riferimento di 55 anni o più (9,4% tra i 55-64enni e 7,9% tra gli ultra sessantaquattrenni). Per quanto riguarda gli individui, l’incidenza cresce in maniera significativa fra i minori, attestandosi a 22,3% da 20,2% del 2015. Se il livello d’istruzione della persona di riferimento è basso (nessun titolo di studio o licenza elementare) l’incidenza di povertà è elevata, ma in leggero miglioramento rispetto al 2015 (15% da 15,9% del 2015) mentre tra le famiglie con titoli di studio più elevati è inferiore alla media nazionale: 6,3% se la persona di riferimento ha almeno il diploma. La diffusione della povertà relativa tra le famiglie con persona di riferimento in posizione di operaio e assimilato (18,7%) è decisamente superiore a quella osservata tra le famiglie di lavoratori indipendenti (9,0%), sebbene questi ultimi presentino un valore in crescita rispetto al 7,6% del 2015. 

 I valori più elevati si osservano tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (31,0%). Rispetto al 2015 l’aumento significativo dell’incidenza riguarda le famiglie del Centro con persona di riferimento con titolo di studio più elevato (diploma e oltre) (6,5% da 4,7% del 2015) e non occupata (7,0% da 5,1% del 2015). Nel Mezzogiorno, invece, si trovano profili di disagio più differenziati: l’incidenza aumenta per le famiglie con tre o più figli minori (quasi una famiglia su tre, pari a 59,9% da 43,7% del 2015) e con persona di riferimento con occupazione indipendente (18,5% da 14,7% del 2015). Tra le famiglie che vivono nei comuni più piccoli (fino a 50mila abitanti ma non appartenenti alla Periferia delle aree metropolitane) si osserva un valore dell’incidenza di povertà relativa pari a 11,8%, più elevato sia della media nazionale sia di quello dei comuni Centro di area metropolitana (5,7%). Questi ultimi mostrano un miglioramento rispetto al valore del 2015 (8,2%). Emerge tuttavia una diversa combinazione di fattori sul territorio: nel Nord e al Centro si ripropone quanto osservato per l’Italia nel suo complesso (valori più elevati – rispettivamente 6,7% e 9,4% – nei comuni fino a 50mila abitanti contro 3,9% e 4,8% dei Comuni metropolitani); nel Mezzogiorno, invece, l’incidenza nei comuni della Periferia dell’area metropolitana e comuni oltre 50mila abitanti (22,2%) è superiore a quella dei comuni più piccoli (fino a 50mila abitanti) (20,4%) e oltre il doppio rispetto a quella dei comuni Centro di area metropolitana (10,3%). L’incidenza di povertà relativa migliora rispetto all’anno precedente per le famiglie residenti nei comuni Centro area metropolitana (da 8,2% nel 2015 a 5,7% nel 2016), in particolate al Nord (3,9% da 7,4%) dove la stessa dinamica si osserva anche per le famiglie di altra tipologia con membri aggregati (15,3% da 22,2% del 2015)

Infine, l’incidenza di povertà relativa è decisamente più elevata nelle famiglie dove sono presenti stranieri, con valori oltre tre volte superiori rispetto alle famiglie di soli italiani (8,5%): nelle famiglie miste è pari a 36,1% (in aumento rispetto al 2015) e in quelle di soli stranieri a 31,5% (Prospetto 17). Tale dinamica è particolarmente marcata per le famiglie miste del Nord (27,1% da 17,9% del 2015) e del Mezzogiorno (58,8% da 40,3% del 2015). Nel dettaglio territoriale, Toscana (3,6%), Emilia-Romagna (4,5%), Valle d’Aosta (4,8%), Lombardia (5,0%), Veneto (5,5%) e Piemonte (6,0%) mostrano i valori più bassi dell’incidenza di povertà relativa e inferiori alla media nazionale (Prospetto 16). La Calabria, discostandosi significativamente dalle altre regioni del Mezzogiorno e dalla media di ripartizione, presenta il valore più elevato (34,9%), seguita da Sicilia (22,8%) e Basilicata (21,2%). La Puglia (14,5%) e l’Abruzzo (9,9%) registrano valori dell’incidenza di povertà relativa statisticamente inferiori rispetto alla media ripartizionale.

La classificazione delle famiglie in povere e non povere, ottenuta attraverso la linea convenzionale di povertà, può essere maggiormente articolata utilizzando soglie aggiuntive, come quelle che corrispondono all’80%, al 90%, al 110% e al 120% di quella standard. Nel 2016 le famiglie “sicuramente” povere (che hanno livelli di spesa mensile equivalente inferiori alla linea standard di oltre il 20%) sono il 5,6%, quota che sale a 10,5% nel Mezzogiorno. È “appena” povero (ovvero ha una spesa inferiore alla linea di non oltre 20%) il 5,0% delle famiglie residenti (9,2% nel Mezzogiorno); tra queste, più della metà (2,8%), presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%); il valore nel Mezzogiorno è pari a 5,5%. È invece “quasi povero” il 7,0% delle famiglie (spesa superiore alla linea di non oltre 20%) mentre il 3,3% ha valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre 10%, quote che salgono rispettivamente a 11,1% e 5,9% nel Mezzogiorno. Le famiglie “sicuramente” non povere, infine, sono l’82,4% del totale, con valori pari a 90,1% nel Nord, 84,8% nel Centro e 69,2% nel Mezzogiorno

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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