L’antico rito della festa San Giorgio: domenica a Goriano Valli torna ad ardere il grande falo’

La comunità di Goriano Valli, borgo nel cuore della media valle dell’Aterno e nel Parco regionale Sirente-Velino, in provincia dell’Aquila, tornerà domenica 23 aprile a celebrare il rito del fuoco di San Giorgio.
Il grande falò sarà acceso nella piazza del monumento, come rito beneaugurante, tramandato tra le generazioni ed espressione della civiltà contadina, tra devozione religiosa e il valore laico della socialità e della condivisione.
Ad organizzare l’iniziativa è quest’anno l’associazione sportiva dilettantistica Vallese, che gestisce grazie alla generosa dedizione dei  volontari il circolo ricreativo, e organizza varie attività sportive, ludiche e culturali.
Nello stand gastronomico saranno servite salsicce alla brace, formaggio dop, tiramisù, vino e bevande, con menu standard a 8 euro e menu maxi a 10 euro.
La prenotazione è obbligatorie entro venerdì 21 aprile, e può essere effettuate via whatsapp al numero 349 7025756 oppure per email all’indirizzo circolo@valleseasd.it
Il culto di San Giorgio, martire del terzo secolo dopo cristo, che uccise il drago simbolo del male – da qui il legame con il fuoco – ha in questo territorio antica presa, tanto che ad egli è intitolato lo splendido convento che ha ospitato per secoli i frati minori osservanti, dove ha vissuto il beato Fra’ Berardinello da Fontavignone, e che in passato era il luogo dove si accendeva il grande falò.
Giorgio, il cui nome di origine greca significa “agricoltore”, è nato nella Cappadocia verso il 280 da una famiglia cristiana. Trasferitosi in Palestina si arruolò nell’esercito di Diocleziano. Quando, nel 303, l’imperatore emanò l’editto di persecuzione contro i cristiani, Giorgio donò tutti i suoi beni ai poveri e, davanti allo stesso Diocleziano, strappò il documento, professando la sua fede in Cristo. Per questo subì terribili torture e venne decapitato.
Una leggenda che risale al periodo delle crociate, narra che nella città di Selem, in Libia, vi era un grande stagno, dove viveva un terribile drago. Per placarlo gli abitanti gli offrivano due pecore al giorno e più avanti una pecora e un giovane tirato a sorte.
Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, il quale terrorizzato offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma il popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere: la giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno.
Passò proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale, saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per salvarla.
Quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo dalle narici, Giorgio lo trafisse con la sua lunga lancia. Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago ferito, che prese a seguirla docilmente, come un cagnolino, verso la città.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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