Morì a causa dell’uranio impoverito, Ministero condannato a risarcire 250 mila euro al figlio della vittima

La Corte d’appello de L’Aquila ha condannato il ministero della Difesa a risarcire con 250mila euro e un vitalizio da 2.100 euro al mese il figlio del colonnello Raffaele Acquafredda, ex ufficiale superiore di artiglieria della Brigata Nord a Sarajevo, morto l’1 ottobre 2012 a Montesilvano per un cancro al rene che sarebbe stato sviluppato a causa dell’esplosione di proiettili all’uranio impoverito durante le missioni militari in ex Jugoslavia, con contaminazioni che sarebbero dovute anche alle radiazioni di nanoparticelle di metalli pesanti e altri agenti chimici e cancerogeni, come polveri e fibre di amianto. L’uomo è morto all’età di 50 anni lasciando la moglie e due figli.

I giudici d’appello della sezione Lavoro (collegio Riga-Tracanna-Vitello) hanno ribaltato la sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara che aveva negato all’orfano, 23enne all’epoca della morte del padre, il riconoscimento delle prestazioni previdenziali perché nell’anno del decesso avrebbe percepito redditi propri per circa 5mila euro che impedivano di ritenerlo “a carico del defunto”, si legge nella sentenza diffusa dall’Osservatorio Nazionale Amianto che ha fornito assistenza legale con il suo presidente, avvocato Ezio Bonanni. Il Ministero della Difesa aveva concesso le prestazioni a moglie e l’altra figlia, dopo 10 anni di diffide e solleciti dell’Osservatorio, riconoscendo il colonnello come “vittima del dovere”. Nella causa il figlio del militare ha dimostrato con “buste paga” e “contratto” che circa la metà di quel reddito sia stato prodotto dopo la morte del padre e per la Corte “non può essere accolta la tesi del Ministero secondo cui il reddito da considerare sarebbe quello dell’intero anno solare”. “Sarebbe arbitrario – scrivono – introdurre un criterio non previsto dalla legge” che “tenga conto dei redditi maturati successivamente al decesso”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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