Sentenza Sanitopoli, le motivazioni della Corte d’Appello di Perugia

 “Nel caso di specie e’ solo risultato che Angelini aveva effettivamente eseguito varie illecite dazioni a Del Turco, con il concerto di Cesarone, ma non vi e’ modo di ritenere in positivo che esse furono frutto di un preordinato disegno, sorretto da una organizzazione stabile a tal fine, con identita’ di programma e piena consapevolezza da parte di tutti gli eventuali partecipi di farne parte”. E’ uno dei passaggi centrali della motivazione depositata nei giorni scorsi dalla Corte d’appello di Perugia relativa all’assoluzione dell’ex governatore abruzzese, Ottaviano Del Turco, dal reato di associazione per delinquere “perche’ il fatto non sussiste” nell’ambito della cosiddetta “sanitopoli” abruzzese. La sentenza di assoluzione era stata emessa il 27 settembre scorso dai giudici umbri, dopo che la Cassazione nel dicembre 2016 aveva confermato la condanna di Del Turco per induzione indebita della Corte d’Appello dell’Aquila, ma aveva annullato con rinvio la condanna riguardante l’accusa di associazione a delinquere. I giudici umbri, sulla base delle osservazioni e delle indicazioni statuite dalla sentenza di rinvio della Cassazione, pervengono alla conclusione “della insussistenza del contestato reato associativo”. “E’ del tutto evidente – scrivono – come le argomentazioni spese al riguardo dalla Corte abruzzese (proprio per questo annullata) siano insufficienti a ritenere provata l’esistenza di una associazione organizzata criminosa”. La vicenda prese il via dalle accuse dell’ex titolare della clinica Villa Pini di Chieti, Vincenzo Maria Angelini. Per questa vicenda Del Turco fu arrestato il 14 luglio 2008 assieme ad altre nove persone, tra cui assessori e consiglieri regionali. 

Relativamente all’elemento della necessaria pluralita’ dei partecipanti, i giudici di Perugia osservano che “anche a voler ritenere una comunione stabile di intenti da parte di Del Turco e Cesarone (pur nel non elevato numero dei reati-fine da loro commessi), va in primo luogo preso atto che Quarta, indicato come principale artefice ed ideatore della condotta associativa, non e’ risultato colpevole e partecipe di nessuno dei reati-fine, tanto da esserne assolto perche’ assolutamente estraneo ad essi”. La Corte sottolinea anche che “neppure e’ risultato con la dovuta certezza che Quarta fosse pienamente consapevole (e neanche almeno connivente) delle induzioni illecite commesse dagli altri, circostanza questa richiesta dalla Cassazione per ritenere plausibile l’esistenza di un sodalizio criminoso cui avrebbe partecipato anche Quarta”. “La Suprema Corte – aggiungono i giudici umbri – ha gia’ trattato dei contenuti delle telefonate intercettate di Quarta, per ritenerne l’insufficiente valenza probatoria, quanto meno per inferirne l’esistenza dell’associazione criminosa. Non e’ dato comprendere, poi, come (e soprattutto se) Quarta partecipasse alla suddivisione dei proventi delittuosi, in caso negativo acclarandosi ancor piu’ l’ipotesi che poteva essersi trattato invece di condotte piu’ o meno estemporanee, frutto comunque di scelte pronte a cogliere l’attimo favorevole per l’arricchirsi ai danni di Angelini. E’ pertanto da escludere con riguardo a Quarta la partecipazione ad associazione stabile e organizzata”. “Quanto al Mazzocca- si legge nelle motivazioni- e’ significativo rilevare che e’ stato giudicato colpevole di un solo episodio di induzione illecita, del tutto disomogeneo ed asincrono rispetto ai reati – fine e poco collegato ad essi”. “Ancor meno argomenti – proseguono i giudici – in senso accusatorio possono trarsi dalla posizione di Boschetti, addirittura assolto da ogni altro reato diverso da quello associativo, qui in esame”.
Secondo i giudici di Perugia, i “profili di implausibilita’ segnalati dalla Cassazione “valgono poi ad inficiare e/o svilire l’ipotesi accusatoria”. Inoltre, anche “la diversa prospettiva di inquadramento dei reati – fine (tra I e II grado) svilisce ancor di piu’ l’ipotesi associativa (oltre a spostare grandemente i termini delle questioni civilistiche)”. La Corte perugina propende “per la occasionalita’/episodicita’ dei vari eventi illeciti, frutto piu’ dell’approfittamento della situazione che si era venuta creando, piuttosto che di un programmatico accordo tra gli imputati, addirittura supportato da una stabile organizzazione a cio’ finalizzata”. “In effetti – scrivono ancora i giudici umbri – a ben leggere la sentenza della Cassazione (nella parte conclusiva in cui si definisce concretamente l’esame demandato a questo giudice di rinvio) va osservato che la Corte ha ancorato l’eventuale sussistenza del reato associativo alla sola ipotesi in cui risulti effettivamente dimostrata (cosa che non e’) una ‘strumentale gestione della sanita’, funzionale al compimento di azioni di induzione indebita’, solo in tal caso infatti prendendo corpo l’ipotesi di ‘un definito e comune programma delittuoso'”. Secondo la Corte di Perugia, “in mancanza di riscontrate risultanze circa un organizzato sviamento della funzione politico-amministrativa (solo strumentalmente prospettata), deve allora ritenersi che alla base delle condotte illecite accertate vi fosse un medesimo disegno criminoso (integrativo della riconosciuta continuazione dei reati), ma non una associazione stabile ed organizzata, con tanto di programma prefissato, al fine di vessare sostanzialmente il solo Angelini”. Del Turco, Cesarone, ex capogruppo della Margherita in Consiglio regionale, e Quarta, ex segretario generale della Presidenza della Giunta regionale, nel settembre scorso sono stati dunque assolti dal reato associativo. Per Del Turco, di conseguenza, la pena relativa all’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilita’, reato gia’ confermato dai Supremi giudici, e’ stata ridotta da quattro anni e due mesi a tre anni e 11 mesi. Per Cesarone la pena e’ stata invece rideterminata a 3 anni e nove mesi dai 4 anni e 2 mesi del secondo grado. Per effetto della sentenza, Quarta, al quale sono state revocate anche tutte le statuizioni civili, e’ stato invece completamente assolto. Rideterminata anche la pena per l’ex assessore regionale alla sanita’, Bernardo Mazzocca, ridotta a 2 anni con la sospensione e la non menzione. La pena di Mazzocca e’ “per aver indotto Angelini ad assumere nove persone, pur non avendone la necessita’ imprenditoriale”. Revocate anche tutte le statuizioni civili emesse a carico dell’ex assessore regionale alle Attivita’ produttive, Antonio Boschetti, che esce dalla vicenda completamente assolto.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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