Coldiretti Abruzzo, servono voucher e corridoi verdi per l’agricoltura

Al lavoro nei campi del Fucino, per evitare che l’emergenza da coronavirus affossi un comparto strategico dell’economia della Marsica e dell’Abruzzo, formato da migliaia di aziende piccole, medie e grandi, nate e cresciute grazie al sudore e l’impegno delle vecchie generazioni, a corto di manodopera. Mancano 3.500 lavoratori, mentre il blocco agli ingressi degli stagionali extracomunitari rischia di far saltare la stagione dei primi raccolti, iniziata da circa dieci giorni. Per Coldiretti L’Aquila, attraverso le parole di Angelo Giommo di Luco dei Marsi titolare di un’azienda ad indirizzo orticolo occorre la “regolarizzazione dei migranti non risolve il problema perche’ poi bisogna fare i conti con la burocrazia che non rende disponibili la presenza degli stagionali”. Per Giommo bisogna puntare subito sui voucher agricoli per dare la possibilita’ di poter utilizzare i percettori degli ammortizzatori sociali, studenti o universitari. Altro punto nodale il ripristino dei cosiddetti ‘corridoi verdi’ cosi’ come hanno gia’ fatto Germania ed Inghilterra per permettere agli stagionali (macedoni e marocchini soprattutto) che da decenni lavorano nel Fucino di poter arrivare con voli aerei e con i pullman dedicati.

“L’agricoltura – ha evidenziato Giommo e’ radicalmente cambiata, ora parliamo di stagionali che sono specializzati che hanno svolto corsi professionali ad esempio nell’utilizzo di macchine agricole, di antiparassitari di gestione di un magazzino per il confezionamento dei prodotti etc. e che lavorano da anni presso le stesse aziende. Loro sono pronti a venire ma occorre la riapertura di questi corridoi”. Sui danni provocati dalla difficolta’ di manodopera, il rappresentante provinciale di Coldiretti ha detto che al momento e’ difficile fare dei calcoli ma “le difficolta’ sono tangibili, tra noi c’e’ molto sconforto in quanto ci sono aziende che hanno la meta’ degli operai necessari (quelli arrivati prima dell’emergenza coronavirus) e questo si ripercuote sui tempi di arrivo del prodotto fresco e sulla gestione della filiera piu’ in generale, oppure nei casi piu’ gravi, di attivita’ piu’ piccole in cui non ci sono proprio unita’ lavorative. Queste ultime sino dovute riconvertire con prodotti che non necessitano di manodopera o dove la stessa e’ piuttosto ridotta e che viene eseguita dagli stessi produttori o dai loro figli che in tempi di coronavirus hanno avuto la possibilita’ di stare piu’ a casa. Un esempio e’ la coltivazione della carota. Altri – ha detto sempre Giommo – come i produttori di patate hanno allargato la produzione del tubero cercando di arginare il problema. Cosa diversa per i produttori di insalata, finocchi, radicchio dove la presenza degli stagionali e’ fondamentale, basti pensare che nella sola attivita’ di trapianto occorrono fino a sei, sette persone, poi c’e’ la lavorazione del terreno per togliere le erbe infestanti”. Nel Fucino dunque mancano 3.500 lavoratori

immagine di repertorio

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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