Abruzzo e Zes unica Sud: il dramma dei numeri, un declino certificato, le illusioni della politica

di Angelo Orlando*

Nel 1994, dopo l’accordo Pagliarini – Van Miert, ( Governo Berlusconi I) con il
decreto Mastella si certifica che l’Abruzzo non ha più bisogno dei fondi europei
dell’Obiettivo 1, essendo una regione con grandi prospettive di crescita del suo
prodotto interno lordo.
Nel 2016, però, la Banca d’Italia pubblica un working paper intitolato: “ Il viale dei
sogni spezzati. La fine del finanziamento europeo (1997: Abruzzo, Italia).
A detta degli autori, questa ricerca “ indicava che la fine del programma di aiuti ha
un effetto negativo sulla crescita del Pil pro capite regionale. Questo saggio
conferma con tutta evidenza che le politiche regionali europee favoriscono la
crescita della performance economica delle regioni coinvolte solo nel periodo della
loro realizzazione. Comunque, un’evidenza ulteriore suggerisce che gli effetti
permanenti di questo trattamento sono decisamente irrilevanti”.
In sintesi, la ricerca dice che il finanziamento europeo è stato semplicemente un
“trattamento”, non certamente una “cura” in grado di assicurare i presupposti di
un duraturo sviluppo economico della regione.
La certificazione di questo “fallimento”, di questa illusione che si siano creati
presupposti per lo sviluppo economico autoctono, era stata già rappresentata da
una lettera aperta che la meritoria Confindustria Abruzzo scriveva agli aspiranti
parlamentari abruzzesi in occasione delle elezioni politiche del 2008.
In questa nota si trova una definizione dell’evoluzione del Pil regionale con una
doppia interpretazione, misurata con i parametri di Unione Europea /15 e di
Unione Europea /25.
In estrema sintesi si denuncia il rischio di un arretramento dell’Abruzzo e della
incapacità di produrre autonomamente i presupposti di una crescita complessiva.
Leggiamo tre tabelle esplicative.
Nella prima troverete la certificazione dell’evoluzione del Pil abruzzese nel periodo
1994-2004!
Poi, anche se la politica locale non se ne accorge, nel 2010 l’Unione Europea
costruisce un indice di competitività regionale – RCI – che tiene conto di tutti i
fattori che stabiliscono il posto in una classifica di competitività delle singole
regioni italiane rapportata a quella di tutte le regioni europee ( NUTS ).

Ecco l’evoluzione dell’Abruzzo:
RCI 2010 189/266,
RCI 2013 187/266,
RCI 2016 198/266,
RCI 2019 214/266,
RCI 2022 185/234 (c’è stata la Brexit)!

Anche se l’Abruzzo è considerato in regime di “transizione”, la seconda tabella
disegna un quadro preoccupante, certificato anche dal Focus Istat sui limiti della
politica di coesione della UE.
La terza, infine, delinea l’evoluzione del Pil pro capite 2011-2022 in tutte le regioni
che fanno parte della Zes unica Sud.
Ora, le misure e i finanziamenti messi in campo dalla politica potranno invertire il
trend negativo e creare sviluppo o siamo di fronte all’ennesima illusione da fuga
dalla realtà?

 

 

*Insegnante, viene eletto al Senato della Repubblica nel 1994 nelle file di Rifondazione Comunista e per la XII legislatura fa parte della Commissione Finanze e Tesoro e di quella Agricoltura. Successivamente è per due mandati consigliere regionale in Abruzzo sempre per il PRC.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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