La fine della Prima Repubblica si deve alla operazione giudiziaria Mani Pulite, ma questo cambiamento non sarebbe stato possibile se non ci fosse stata una narrazione condivisa che attribuiva alla Democrazia Cristiana e ai partiti suoi alleati la responsabilità di un tirare a campare, di una preferenza al compromesso al ribasso e ad una azione politica di retroguardia e di stagnazione.
La Seconda Repubblica è nata sotto gli auspici di realizzare una contrapposizione da due soli partiti con programmi chiari e definiti che avrebbero determinato una stabilità politica, una chiara divaricazione tra maggioranza e opposizione, un rapido adeguamento dell’Italia alla trasformazione che altre nazioni occidentali stavano vivendo prima di noi e i cui risultati positivi avremmo dovuto uguagliare.
Nonostante ripetuti cambi della legge elettorale queste aspirazioni non sono state conseguite. La crescita economica promessa non si è vista; non ci sono stati due soli partiti, struttura inadatta alla realtà italiana, ma due coalizioni eterogenee che nella loro stessa costituzione albergavano la loro debolezza. Di stabilità dei governi neanche a pararne, qualità dei personaggi politici, tranne qualche eccezione, al di sotto del necessario. Siamo stati sempre agli ultimi posti per l’incremento del PIL; la divaricazione tra regioni del nord e del sud è aumentata, così come è aumentata la distanza tra i pochi ricchi e i molti poveri causata dalla quasi scomparsa della classe media. Nessuna coalizione di governo è stata confermata per un secondo mandato e la percentuale dei votanti è andata progressivamente diminuendo senza che questo trend negativo fosse minimamente scalfito dalla nascita di una miriade di partiti personali.
La celebre frase “si stava meglio quando si stava peggio” è tornata di grande attualità. Non solo coloro che non votano, ma anche quelli che votano turandosi il naso i partiti attualmente in campo auspicano un ritorno ad un centro moderato di ispirazione cristiana e laica. Il tempo sembra essere ormai maturo e la crisi della Lega, dei 5 Stelle e di forza Italia può favorire questa esigenza. Ci sono però troppi pezzi di centro, ciascuno con il suo piccolo ma ambizioso leader. Senza unità, senza realizzare quell”e pluribus unum” non si andrà da nessuna parte. Io faccio appello ai più saggi, ai democristiani di lungo corso come Mastella e Rotondi perché la loro guida sia un esempio di generosità. Abbiamo necessità di una legge proporzionale con preferenze perché gli eletti devono ottenere la propria elezione per merito del loro radicamento sul territorio e non nel cuore dei capo partito. Prima una convergenza leale, poi una federazione, infine un partito unico con i dirigenti scelti democraticamente celebrando i congressi.
Il mondo evolve rapidamente; è difficile prevedere se in modo positivo o negativo. Per quanto possibile, sta a questa nuova forza in fieri, il compito di indirizzare il futuro del paese verso la sicurezza e la prosperità che è il fondamentale sentimento di speranza che alberga nei nostri cuori.
*Professore Ordinario Emerito, Direttore Sezione Clinica Chirurgica, Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Roma Tor Vergata