Mercato al rallentatore nel 2023 per gli immobili non residenziali secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate riportati da Confedilizia le quotazioni delle compravendite in media sono cresciute dello 0,6%, contro il 5,7% dell’inflazione.
In 12 Regioni sulle 19 esaminate (tutte tranne il Trentino Alto Adige) c’è stato un calo, in una, l’Abruzzo, non si sono mossi, mentre solo in sei sono saliti.
Il divario territoriale è stridente soprattutto nei capoluoghi: in media le quotazioni dei negozi collocati nelle città principali sono salite dello 0,2%, ma in realtà, afferma l’associazione dei proprietari, c’è stato un calo ovunque, tranne che in Piemonte e soprattutto in Lombardia, che di fatto da sola ha spostato la media nazionale. Nei capoluoghi di provincia lombardi i prezzi sono saliti del 7,8%, trainati da Milano, dove l’incremento è stato del 10,6% e si è arrivati a un valore di 4.069 euro al mq, contro una media nazionale di 1.426. Evidente la disuguaglianza tra città e provincia e tra Nord e Sud. A Bari i prezzi sono scesi del 3,7%, a Catania del 3,5% e anche a Roma sono diminuiti del 2,4%. Il dato che distingue maggiormente il mercato delle abitazioni dagli immobili non residenziali è quello che riguarda il numero di compravendite, cresciute del 5,6% nei capoluoghi e del 3,9% nei centri di provincia.
Nelle grandi città gli affitti sono saliti, seppur di poco, mentre i locatori di negozi nei piccoli centri “sono stati costretti a chiedere cifre molto inferiori a quelle dei grandi capoluoghi e sono comunque tartassati dal fisco” avvisa Confedilizia che chiede, da un lato, che sia attuata al più presto la parte della riforma fiscale che prevede l’estensione del regime della cedolare secca alle locazioni commerciali e, dall’altro, che sia superata la legislazione vincolistica sui contratti risalente al 1978.
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