Rapporto Cerved, 932mila società (2 milioni di addetti) a rischio di transizione alto

In Italia operano 932mila società (2 milioni di addetti) con un rischio di transizione alto e molto alto, che dovranno sopportare notevoli costi per adeguarsi a un’economia a emissioni zero. E’ l’analisi contenuta nella Seconda edizione del Rapporto Italia Sostenibile, presentato oggi da Cerved Group. Basandosi sulla Tassonomia Ue e su una serie di informazioni aggiuntive, Cerved ha definito un sistema che misura il grado di esposizione delle imprese italiane al processo di transizione, distinguendo quattro classi di rischio: i settori, come quelli dei combustibili fossili, o gli energivori, che necessitano di ingenti investimenti per riconvertire la produzione o ristrutturare gli impianti (a rischio transizione alto o molto alto); i settori manifatturieri, come ad esempio il sistema moda, che dovranno fare investimenti meno sostanziosi (a rischio medio); quelli a basso rischio e i settori green, già in linea con i requisiti previsti dalla normativa. La gran parte delle risorse finanziarie che possono essere mobilitate (14,8 miliardi di euro su 20,6 totali) è concentrata al Nord, mentre al Sud, l’area in cui incidono maggiormente le attività a rischio transizione, il potenziale da investire rappresenta solo il 12,8% (2,6 miliardi) – rileva lo studio – Molte province specializzate in settori che dovranno affrontare forti cambiamenti hanno imprese con una struttura finanziaria più debole e quindi meno pronta agli investimenti: a Potenza il 29,4% degli addetti opera in attività a rischio alto e molto alto di transizione, a Taranto il 29,3%, a Chieti il 27,7%, a Campobasso il 26%. Le province più esposte sono anche caratterizzate dagli indici di attrattività più bassi e spesso hanno scarsi livelli di sostenibilità sociale: i cambiamenti richiesti potrebbero aumentare povertà ed esclusione sociale in province come Taranto, Siracusa e Crotone.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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