Scuola, le preoccupazioni delle famiglie in vista della riapertura nel sondaggio di Save the Children

Una delle principali preoccupazioni delle famiglie arriva dal rischio di incompatibilità fra orari scolastici dei bambini che frequentano elementari e medie e quelli di lavoro dei genitori. E’ quanto rileva l’indagine IPSOS condotta tra il 4 e il 18 agosto contenuta nel rapporto “La scuola che verrà: attese, incertezze e sogni all’avvio del nuovo anno scolastico” di Save The Children. Le soluzioni previste dai genitori differiscono a seconda della fascia di età dei figli, ma ancora una volta emerge il ruolo fondamentale di madri (23%)e nonni (28%) nel supporto alla gestione della routine familiare nel caso di bambini più piccoli: un paradosso se si pensa che principalmente per proteggere i più anziani dal rischio di contagio, i bambini e gli adolescenti sono stati costretti a mesi di didattica a distanza e di lockdown,. La rinuncia al lavoro o la riduzione dell’orario lavorativo sembra essere una delle opzioni delle famiglie, in particolare quelle con figli più piccoli, che però – confermando ancora una volta il gender gap del nostro paese – ricadrebbe principalmente sulle madri (23%) più che sui padri (4%). L’organizzazione familiare è resa ancora più complessa dagli spostamenti che per molti studenti sono necessari per raggiungere la scuola. Garantire il rispetto delle norme sanitarie su mezzi pubblici e scolastici resta ancora un nodo irrisolto sui territorio. Basti pensare che per raggiungere la scuola circa uno studente su 3 (il 30%) utilizza mezzi pubblici o scolastici con ampie variazioni legate all’età (solo il 12% di coloro frequentati la materna, il 18% delle elementari, il 38% delle medie e il 55% delle superiori). Friuli-Venezia Giulia (41%), Marche (43%) e Abruzzo (39%) le regioni dove gli studenti devono maggiormente ricorrere al trasporto pubblico o scolastico per recarsi a scuola.

La maggioranza degli studenti (6 su 10) ha riscontrato difficoltà nella fruizione della scuola a distanza imposta dal confinamento. Guardando più nel dettaglio ai voti riportati dagli alunni, due terzi hanno mantenuto inalterata la propria performance, un quinto ha registrato un miglioramento nei voti conseguiti a fine anno (più di un quarto nel caso degli studenti delle superiori), mentre il restante 15% ha riportato voti peggiori. Avere un’estate ricca di stimoli educativi e sociali avrebbe potuto essere un’utile opportunità per colmare almeno parzialmente le lacune scolastiche e di socialità create dal lockdown. Purtroppo sembrerebbe che si sia trattato di un’occasione persa ancora per tanti bambini, soprattutto per quelli che hanno sofferto di più l’emergenza, a causa anche delle ricadute economiche sulle famiglie. Un genitore su 4 fra coloro che non hanno iscritto il proprio figlio a un centro estivo ha dovuto rinunciare proprio a causa del costo del servizio, colpendo principalmente le classi più giovani. La mancanza di offerta nel proprio territorio ha invece rappresentato una barriera in più di un caso su 3. La crisi economica, nonostante la possibilità di accedere a contributi pubblici, ha avuto ripercussioni anche sulla possibilità dei bambini di andare in vacanza: 4 genitori su 10 hanno dichiarato che quest’ anno non sono andati via con la propria famiglia. Il principale ostacolo è rappresentato dai costi (quasi 1 caso su 2). Non è trascurabile però la quota di chi ha rinunciato per motivi di lavoro (27%). Per chi ha bambini molto piccoli (1-3 anni) l’impossibilità è dovuta alla mancanza di ferie, utilizzate nel corso del lockdown per quasi 4 genitori su 10 (37%)

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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