Lavoro, Pmi puntano sul benessere aziendale per ‘rubarsi’ dipendenti

In Lombardia la qualità del lavoro e, conseguentemente, il benessere aziendale non hanno eguali nel resto del Paese. Seguono la Provincia Autonoma di Bolzano e il Veneto; appena fuori dal podio scorgiamo la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e la Valle d’Aosta. Male, invece, le regioni del Mezzogiorno: ad eccezione della Sardegna, sono tutte collocate nella parte bassa della graduatoria. Se la Lombardia guida la classifica con 86,3 punti, l’Abruzzo si piazza al 15mo posto con 30,6 punti. Per gli indicatori del reddito basso la nostra regione è 16ma, per gli occupati sovraistruiti è addirittura 18ma, e per la soddisfazione del lavoro svolto è 15ma.

Le situazioni più critiche, purtroppo, riguardano la Sicilia, la Calabria e la Basilicata che occupano gli ultimi tre posti della classifica nazionale.

 

L’analisi è stata condotta dall’Ufficio studi della CGIA che ha ottenuto questo score mettendo a confronto 8 indicatori, prevalentemente di natura qualitativa, che sono stati “estrapolati” dal rapporto BES (Benessere Equo Sostenibile), presentato qualche settimana fa dall’Istat.

Dopo l’avvento della pandemia, anche il nostro mercato del lavoro ha subito delle trasformazioni importanti. In molte aree del Paese, ad esempio, le imprese faticano sempre più a trovare profili con competenze adeguate; pertanto, mai come in questo momento hanno la necessità di fidelizzare i propri collaboratori. Questa operazione sta avvenendo per mezzo di una serie di comportamenti molto virtuosi; come, ad esempio, la corresponsione di retribuzioni più elevate, la trasformazione dei contratti a termine a tempo indeterminato, la possibilità di consentire ai dipendenti orari di lavoro più flessibili, attraverso il ricorso a strumentazioni professionali più innovativi, favorendo gli avanzamenti di carriera e, infine, con l’implementazione  di benefit e di welfare aziendale. Nel Nord questo processo di miglioramento del benessere aziendale, soprattutto nelle Pmi, è ormai in corso da qualche anno.  Nonostante ciò, la fuga dal posto di lavoro fisso prosegue.

Il 16,1 per cento in Sicilia, il 17,6 per cento in Puglia e il 19 per cento in Calabria sono le incidenze regionali più elevate di lavoratori dipendenti che hanno dichiarato nel 2020 di aver ricevuto una retribuzione bassa rispetto alla mole e alla qualità del lavoro prestate. La soglia più contenuta, invece, ha riguardato i lavoratori della Provincia Autonoma di Trento con il 6,1 per cento.
Per quanto concerne gli occupati sovraistruiti – ovvero coloro che nel 2023 ritenevano di avere un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella professione sul totale degli occupati – la soglia sfiora il 30 per cento al Centro, con punte del 32,7 per cento in Umbria, il 33,2 per cento in Basilicata e il 33,5 per cento in Molise. Il livello più contenuto si evince nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 16,3 per cento. In relazione al numero di precari – vale a dire alla percentuale di occupati con lavori a termine da almeno 5 anni – le situazioni più critiche registrate nel 2023 hanno interessato la Calabria con il 25,5 per cento, la Basilicata con il 25,7 per cento e la Sicilia con il 27,9 per cento. La Lombardia, invece, è la regione che con il 10,7 per cento è la meno interessata da questo fenomeno.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

Controllate anche

Controlli in un locale del Chietino, scoperti 7 lavoratori in nero

Il personale della Sezione Polizia Amministrativa del Commissariato di Polizia di Vasto con la collaborazione …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *