L’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega, sulla base dell’ultima indagine realizzata dal proprio team di esperti, mostra il reale rischio di infortunio sulla base della popolazione lavorativa.
Sono Umbria, Basilicata e Campania le regioni più pericolose in cui lavorare. L’incidenza di mortalità rilevata nel quadriennio 2020-2023, infatti, posiziona le regioni in zona rossa per tre anni su quattro. Mentre è la Toscana a far emergere il risultato migliore con tre anni in zona bianca, ovvero con incidenze di mortalità sul lavoro ben inferiori rispetto alla media del Paese. Seguita da Friuli-Venezia Giulia e Lazio per due anni in zona bianca. “Più in generale osserviamo nella cronologia della mappatura come le regioni con la più elevata popolazione lavorativa facciano registrare incidenze di mortalità uguali o addirittura inferiori alla media nazionale. È il caso appunto del Lazio, ma anche della Lombardia e del Veneto, sul podio per numero di occupati, ma mai sul podio per incidenze di mortalità” si legge in un comunicato stampa. Sono 4.622 le vittime sul lavoro in Italia, delle quali 3.618 in occasione di lavoro e 1.004 in itinere. L’apice degli infortuni in occasione di lavoro si è registrato nel 2020: l’anno di inizio della pandemia e l’anno in cui un terzo dei lavoratori deceduti morì proprio a causa del Covid; mentre l’anno più nero per gli infortuni in itinere è stato il 2022 (300 decessi).
Per quanto riguarda l’Abruzzo, è in zona rossa nel 2021 e nel 2023, anni nei quali addirittura la regione conquista il poco invidiabile primato nazionale per incidenza di mortalità.
In generale a subire il maggior numero di infortuni e a morire di più sono gli uomini. Anche considerando le incidenze rispetto alla popolazione lavorativa gli uomini mostrano valori ben più elevati.
Quando si parla di infortuni mortali in occasione di lavoro, gli uomini fanno rilevare incidenze di mortalità che oscillano tra i 54,7 decessi per milione di occupati e i 71,8, mentre le donne da 5,6 a 10,6.
Dal 2020 e fino al 2022, complice l’inserimento tra gli infortuni sul lavoro delle malattie conseguenti al Covid contratte “prevedibilmente” durante l’attività lavorativa, le denunce di infortunio totali sono sensibilmente aumentate: erano 554.340 nel 2020, 555.236 nel 2021 e hanno raggiunto le 697.773 nel 2022.
Nel 2023 si è evidenziata un’inversione di tendenza. Le denunce sono scese, infatti, a 585.356 segnando un decremento del 16,1%. D’obbligo sottolineare come il decremento sia dovuto alla “quasi totale estinzione” degli infortuni connessi al Covid dalle statistiche. Interessante nella lettura del periodo anche l’andamento delle denunce totali nel settore della Sanità, quello più provato dalla pandemia. Sono state così 84.307 le denunce registrate nel 2020, 39.579 nel 2021 e addirittura 84.327 nel 2022 per passare ad un decremento di oltre il 50% nel 2023 (41.171).
La Sanità è stato il settore più colpito nel 2020 e nel 2022. Le Attività Manifatturiere nel 2021 (66.769) e nel 2023 (74.376).
Le denunce di infortunio delle lavoratrici da gennaio 2020 a dicembre 2023 sono state 928.294.