Reddito medio delle famiglie in Abruzzo a 29 mila euro secondo il Cresa

Nel 2021 il reddito medio annuo familiare in Abruzzo è di 29 mila euro, pari all’86% del valore nazionale e al 106% di quello del Sud. L’Abruzzo, a pari merito con la Basilicata, figura nella prima posizione della classifica delle regioni del Sud ma, nonostante la ripresa su base annua dell’11% (più marcato del 5% del Nord, del 2% del Centro e dell’1% del Sud), insieme alla sola Campania, non ha recuperato il valore del 2019. I dati emergono dal rapporto stilato dal CRESA, Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso, che ha analizzato reddito, povertà relativa, situazione abitativa e principali difficoltà economiche delle famiglie abruzzesi anche in confronto con la realtà nazionale e meridionale.

Quanto a fonte di reddito, analogamente al resto del Paese, il reddito netto familiare da lavoro dipendente in Abruzzo prevale su quello autonomo (37,6 e 27,4 mila euro) e sulle pensioni e trasferimenti pubblici (23,6 mila euro). Rispetto alle altre regioni del Sud sensibilmente più alto è il reddito da lavoro dipendente, molto inferiore quello da lavoro autonomo e più basso della Campania e della Calabria quello da pensioni e altri trasferimenti pubblici. È interessante osservare che l’importo medio annuo pro-capite dei redditi pensionistici nel 2021 è in Abruzzo di 18,1 mila euro, valore inferiore alla media italiana (-1.7 mila euro) ma superiore alla media ripartizionale (+800 euro). Nel 2021, l’11,1 % dei pensionati abruzzesi, a fronte del 9,6% degli italiani, ha percepito meno di 500 euro di reddito pensionistico lordo mensile.

Nell’ambito dei trasferimenti pubblici rilevano il reddito e la pensione di cittadinanza: i nuclei beneficiari sono 31,9 mila (33,9 mila nel 2021) di cui 28,9 mila del reddito (era 30,5 mila) e 3,1 mila della pensione (era 3,4 mila). Le persone interessate sono 63,2 mila (69,7 mila nel 2021), 59,7 mila delle quali hanno avuto accesso al reddito (era 65,8 mila) e 3,5 mila alla pensione (era 3,9 mila). L’importo medio ammonta nel 2022 a 550 euro per il reddito e di 288 euro per la pensione, sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente.

Nel confronto con il 2019 l’Abruzzo riporta un incremento del reddito da lavoro dipendente dell’8% secondo nel Sud alla sola Basilicata (+24%) e, in controtendenza rispetto a quanto si osserva nella maggior parte della stessa circoscrizione, flessioni di quello da lavoro autonomo (-17%) e da trasferimenti pubblici (-8%) più accentuata della Campania (-6%) e meno intensa del Molise (-15%).

Relativamente alla composizione per fonte di reddito prevalente la quota di famiglie abruzzesi che può contare sul lavoro dipendente è allineata al Sud (39% e 40%) e inferiore all’Italia (44%), quella che ha principalmente reddito da lavoro autonomo è pari alla media nazionale (12%) e analoga alla ripartizionale (11%) e la quota di famiglie la cui economia si fonda su pensioni e altri trasferimenti pubblici è superiore ad entrambe (48% contro 46% del Sud e 42% nazionale). Rispetto all’anno prepandemico e alle circoscrizioni territoriali aumenta in misura maggiore l’incidenza delle famiglie che si mantengono prevalentemente con il lavoro dipendente (+8 p.p.) e diminuiscono quelle con reddito derivante da lavoro autonomo (-17 p.p.) e da trasferimenti pubblici (-8 p.p.).

Poiché la distribuzione del reddito non è simmetrica, la maggioranza delle famiglie ha percepito un importo inferiore al reddito mediano: nel 2021 il 50% delle famiglie residenti in Abruzzo ha un reddito non superiore a 23,3 mila euro (Italia 27 mila euro; Sud: 22,7 mila euro), con un decremento rispetto al 2019 in termini nominali dell’8% a fronte di una sostanziale stabilità nazionale e di una crescita del Sud dell’1%.

Per avere una misura sintetica della diseguaglianza nella distribuzione dei redditi si pensi che in Abruzzo il 20% più abbiente ha un reddito pari a 4,5 volte quello del 20% del più povero. La disparità regionale, abbastanza stabile negli anni, è meno accentuata di quella che si osserva al Nord (4,9), al Centro (5,2), al Sud (6,4) e nelle Isole (7,0).

La povertà relativa riguarda le famiglie che hanno una spesa per consumi pari o al di sotto di una soglia (linea di povertà) che per una famiglia di due componenti è fissata in 1.150 euro al mese e che varia a seconda del numero di componenti sulla base della scala di equivalenza di Carbonaro. Nel 2022 la povertà relativa in Abruzzo interessa oltre 59,7 mila famiglie (11% del totale) e più di 173,5 mila persone (14%). L’incidenza, pur essendo assai inferiore a quella che si registra nel Sud (rispettivamente 22% e 26%), è molto superiore rispetto al Nord (6% e 9%) e al Centro (6% e 10%)Il confronto con il 2019 evidenzia, in controtendenza con quanto si osserva nel complesso delle regioni meridionali e in modo più accentuato delle centro-settentrionali, una diminuzione in termini sia di famiglie (-5 p.p.) sia di persone povere (-3%).

In Abruzzo più di 35 persone su 100 (Sud: 41; Italia: 24) e più di 41 minori sono a rischio di povertà o esclusione sociale. In particolare poco meno di 30 contro le 33 del Sud e le 20 italiane vive in famiglie a rischio di povertà, più di 10 (Mezzogiorno: 11; Italia: 5) versa in stato di grave deprivazione materiale e sociale e poco meno di 12 (18 Sud e 10 Italia) vive in famiglie a bassa intensità di lavoro. Confrontando i dati con quelli 2021, l’Abruzzo vede pressoché invariata l’incidenza delle persone a rischio di povertà e di esclusione sociale e aumentata di quasi 2 p.p. la quota di individui minacciati dalla povertà, indicatori che riportano incrementi in Molise, Puglia e Calabria e diminuzioni in Campania e Basilicata. In flessione, invece, le incidenze regionali delle persone in stato di grave deprivazione materiale e sociale (-4 p.p., il miglior risultato tra le regioni del Sud) e dei residenti in famiglie con bassa intensità di lavoro (-1 p.p., peggiore solo di Molise e Campania).

Importante è anche la valutazione della situazione economica e delle sue variazioni del tempo: nel 2022 il 32% delle famiglie, migliore del 38% del 2019, le considerano assolutamente insufficienti (3% era 4%) o scarse (29% era 34%), il 66% adeguate (era 61%) e l’1,4% ottime (era 0,7%). Rispetto alle altre regioni l’Abruzzo mostra la più incisiva flessione delle famiglie che si ritengono in difficoltà, e i più consistenti aumenti di quelle che valutano le proprie risorse adeguate e ottime.

Riguardo l’andamento delle condizioni economiche rispetto all’anno precedente il 39% delle famiglie ritiene sia peggiorata (31%; Sud: 26%; Italia: 28%) e molto peggiorata (8% contro 7% e 8%) e solo il 9% migliorata (8% e 9%). Nel confronto con la valutazione espressa nel 2021 aumenta più che a livello nazionale e circoscrizionale l’incidenza di famiglie che giudicano la propria condizione economica peggiorata e molto peggiorata (8,2 p.p., 4,6 p.p. e 1,8 p.p.), diminuisce la rilevanza di quelle che non riportano variazioni di rilievo (-7,3 p.p. e -5,8 p.p. e -3,7 p.p.).

Inoltre il 28% (era 24% nel 2019) ha più di qualche difficoltà ad arrivare a fine mese e solo il 4% (era il 9%) riesce a farlo con facilità, il 44% (era 43%) ha problemi ad affrontare spese impreviste e il 40% (era 61%) non riesce a risparmiare. Rispetto alla capacità di arrivare a fine mese e a sostenere spese impreviste l’Abruzzo presenta valori migliori del Sud e peggiori dell’Italia e considerando la capacità di risparmio figura tra le più virtuose in Italia dopo Lombardia e Veneto.

Nel confronto con il 2019 la regione mostra un aumento dell’incidenza di famiglie che hanno difficoltà a “sbarcare il lunario” (+4,2 p.p.) inferiore solo a Piemonte e Veneto e la più incisiva flessione (-5,3 p.p.) del peso di famiglie che non hanno alcun problema nel farlo. Diversamente dalle altre regioni del Sud Calabria esclusa, mostra un incremento (+1 p.p.) della incapacità di affrontare spese impreviste e al contempo una flessione importante (-21 p.p.), il miglior risultato tra tutte le regioni italiane, della impossibilità risparmiare.

Sulle condizioni delle famiglie incide anche la situazione abitativa. Il quadro abruzzese è migliore di quello nazionale e ripartizionale: è in affitto il 13% delle famiglie (Italia e Sud: 20%) mentre il restante 86,7% possiede una abitazione di proprietà. Migliore è anche la valutazione delle caratteristi-che delle abitazioni che sono più frequentemente fornite di impianti di riscaldamento (98% contro 92% italiano e 87% del Sud), di dimensioni adeguate (92% contro 88% di entrambi), non troppo distanti da quelle dei familiari (85%; Italia: 81%; Sud: 80%) e non in cattive condizioni (95% pari al valore italiano e 94% del Sud). Relativamente a queste ultime buono è il giudizio riguardante la solidità delle strutture, la presenza di umidità e la luminosità. Al contrario, viene espresso malcontento per le eccessive spese che l’alloggio comporta anche se tale opinione confligge con il fatto che esse incidono sul totale delle spese familiari per l’11%, uno dei pesi più bassi nel Meridione, eccezion fatta per Calabria e Campania.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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