Rigopiano, i parenti delle vittime ricevuti dal premier Giorgia Meloni

Una delegazione del comitato dei familiari delle vittime di Rigopiano è stata ricevuta a Palazzo Chigi dal presidente del consiglio, Giorgia Meloni dopo la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Pescara ha sancito cinque condanne e 25 assoluzioni per la tragedia dell’Hotel di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio del 2017, da una valanga, evento in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti. Fra le cinque persone della delegazione, accompagnata dal governatore dell’Abruzzo Marco Marsilio, c’è Giampaolo Matrone, sopravvissuto dopo essere rimasto 62 ore sotto le macerie, che quel giorno ha perso la moglie. L’uomo ha portato al presidente del Consiglio una lettera scritta a penna dalla figlia, di 11 anni. “Rappresentiamo quello che abbiamo vissuto in questi anni e anche quello che abbiamo vissuto con la sentenza di primo grado – ha spiegato Marco Foresta -. Rappresenteremo i nostri sentimenti e la nostra idea di quello che è successo quel giorno là e fino ad oggi. Ci saranno sicuramente altri gradi di giudizio, vogliamo che esca tutta la verità, come abbiamo sempre detto in questi sei anni, e che sia la vera verità non una parte”. A chi gli domandava delle dichiarazioni di Guido Bertolaso, secondo cui se ci fosse stato lui a capo della Protezione civile la tragedia non sarebbe avvenuta, Matrone ha risposto: “Questo aumenta ancora il nostro dolore, tutto ciò che rimane intentato, o pensato e non detto, non fa altro che aumentare le nostre convinzioni su quello che è successo: i nostri cari non sono tornati indietro, qualcosa è successo e lo devono accertare veramente”

Una Procura nazionale che si occupi di tutte le grandi stragi italiane: è una delle proposte espresse dalla delegazione del comitato familiari delle vittime di Rigopiano alla premier Giorgia Meloni, nell’incontro a Palazzo Chigi dopo la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Pescara ha deciso cinque condanne e 25 assoluzioni per la tragedia dell’Hotel di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio del 2017, da una valanga, che provocò 29 morti fra ospiti e dipendenti. “L’incontro è andato molto bene – ha raccontato Gianluca Tanda, che nella tragedia ha perso il fratello -. Abbiamo esposto le nostre problematiche, abbiamo raccontato semplicemente la nostra storia, il paradosso di questa giustizia. Ovviamente lei non può intervenire in merito ma abbiamo fatto delle proposte. Una su tutte, una Procura a livello nazionale che si occupi delle grandi stragi italiane, che si muove dove c’è una strage proprio per evitare questo. Abbiamo provato a immaginare un Paese senza stragi, si può fare, si possono iniziare a fare i primi passi. Abbiamo anche esposto il problema delle morti sul lavoro, perché cinque dei nostri cari non hanno avuto riconosciuto questo diritto”. “Tutto questo – ha precisato – lo abbiamo fatto, purtroppo, non più per noi, perché ormai quello che è successo a noi non ci potrà più riaccadere. Lo abbiamo fatto per tutti quelli che verranno dopo purtroppo, per quel ‘mai più’ che scriviamo sugli striscioni in tutte le nostre manifestazioni. Saremo presenti ovviamente il 5 e il 6 a L’Aquila dove, come Comitato nazionale, faremo un nostro intervento e spiegheremo le nostre soluzioni. Poi ci rincontreremo sicuramente per pianificare al meglio gli obiettivi che ci vogliamo prefissare da qui a breve. Il presidente non ha preso nessun impegno, ci ha detto che lavorerà sicuramente e sarà attenta alla nostra situazione, ascolterà le nostre richieste che adesso scriveremo e le invieremo”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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