Studio Cgia, a maggio piu’ pensioni che buste paga

A maggio in Italia sono state pagate piu’ pensioni che buste paga. Lo afferma, “con un notevole grado di certezza” l’ufficio studi della Cgia, secondo cui 22,77 milioni di occupati registrati lo scorso maggio si confrontano con 22,78 milioni di pensioni erogate al primo gennaio 2019.

“Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di eta’ e dell’impulso dato dall’introduzione di ‘quota 100′”, calcola l’associazione mestrina, “successivamente all’1 gennaio dell’anno scorso il numero complessivo delle pensioni e’ aumentato di almeno 220 mila unita’. Pertanto, possiamo affermare con una elevata dose di sicurezza che gli assegni stanziati alle persone in quiescenza sono attualmente superiori al numero di occupati presenti nel Paese”. Secondo la Cgia, tutte le otto regioni del Sud presentano un numero di pensioni superiore a quello degli occupati e solo tre province meridionali un saldo positivo, ovvero piu’ lavoratori attivi che pensioni erogate: Teramo, Ragusa e Cagliari. Al Nord, invece, l’unica regione in “difficolta’” e’ la Liguria, che ha tutte le 4 province con il saldo negativo e il Friuli Venezia Giulia che ha un saldo pari a zero. Al Centro, invece, male anche l’Umbria e le Marche.

Proprio il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sara’ un grosso problema con il quale fare i conti. “Negli ultimi anni”, sottolinea il segretario della Cgia, Renato Mason, “gli imprenditori stanno cercando personale altamente qualificato o figure caratterizzate da bassi livelli di competenze. Se per i primi le difficolta’ di reperimento sono strutturali a causa dello scollamento che in alcune aree del Paese si e’ creato tra la scuola e il mondo del lavoro, i secondi, invece, sono posti di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono coperti dagli stranieri. Una situazione che con la depressione economica alle porte potrebbe assumere dimensioni piu’ contenute, sebbene in prospettiva futura la difficolta’ di incrociare la domanda e l’offerta di lavoro rimarra’ una questione non facile da risolvere”. Le situazioni piu’ problematiche si registrano nelle aree dove l’eta’ media e’ piu’ avanzata. A livello regionale quella piu’ elevata si trova in Liguria (48,46 anni medi), seguita da Friuli Venezia Giulia (47), Piemonte (46,54), Toscana (46,52) e Umbria (46,49). A livello provinciale, invece, la realta’ piu’ “vecchia” d’Italia e’ Savona (48,85 anni medi). Seguono Biella (48,70), Ferrara (48,55), Genova (48,53) e Trieste (48,39). Le piu’ giovani, invece, sono Bolzano (42,30), Crotone (42,18), Caserta (41,35) e Napoli (41,31).

La questione dell’invecchiamento della popolazione non e’ tuttavia un problema solo italiano, ma riguarda la stragrande maggioranza dei paesi piu’ avanzati economicamente. Giappone e Germania, ad esempio, presentano indicatori demografici molto simili ai nostri. L’80 per cento degli over 65 vive nelle 20 economie maggiormente sviluppate che insieme producono l’85 per cento del Pil mondiale. Nei Paesi emergenti, al contrario, la coorte in piena eta’ lavorativa (30-55 anni) aumenta a un ritmo superiore rispetto alla capacita’ del sistema economico locale di creare posti di lavoro. I riflessi dell’invecchiamento della popolazione, peraltro, non riguardano soltanto la spesa sanitaria e la sostenibilita’ del sistema pensionistico, ma la struttura stessa dei consumi. In particolare, quelli degli over 60 sono mediamente piu’ alti rispetto a quelli degli under 30 nel comparto dell’alimentazione, della casa e della salute. Ma in tutti gli altri settori il divario e’ a vantaggio delle classi demografiche piu’ giovani che, pero’, si stanno contraendo paurosamente.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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