‘Il partigiano americano’, il nuovo libro di Marco Patricelli

Una piccola storia puo’ diventare una grande storia, cosi’ come un saggio accurato dal punto di vista scientifico puo’ diventare narrativa senza indulgere alle facili suggestioni del romanzo, pur avendone lo stile. “Il partigiano americano. Una storia antieroica della Resistenza” (Ianieri Edizioni, 304 pagine, 17 euro) e’ un accurato lavoro di ricostruzione della breve esistenza di Renato Berardinucci (Philadelphia 1921 – Arischia, L’Aquila 1944), medaglia d’oro al valor militare alla memoria e figura destinata a sparire nel nulla se non fosse stata ripescata dall’oblio dallo storico di profilo internazionale Marco Patricelli. Il volume, in tutte le librerie dal 10 dicembre, si pone con piacevole originalita’ nella saggistica storica, con la pregevole e armonica opera di sintesi tra memoria orale e fonti documentali. Attorno al giovane partigiano nato negli Stati Uniti da genitori abruzzesi scorrono i grandi temi dell’emigrazione, dell’identita’ nazionale nel meltin’ pot a stelle e strisce, della percezione della patria lontana attraverso i successi del fascismo, dell’impatto con la terra d’origine, del dramma della guerra e della sconfitta e infine della scelta della Resistenza. Berardinucci vede l’Italia per la prima volta nel 1939 perche’ la madre Antonietta vuole che la sua formazione al College di Philadelphia sia completata dalla cultura classica, ma soprattutto perche’ pensa che grazie alla doppia cittadinanza suo figlio non sara’ chiamato alle armi ne’ negli Usa ne’ nel Paese d’origine. A Pescara scopre un mondo diverso da quello da cui proviene, in uno choc culturale che diventa rivelazione e disillusione quando si lega d’amicizia con Hans Lichtner, lo studente piu’ bravo del Liceo “Gabriele d’Annunzio”, un ebreo viennese che ha lasciato l’Austria dopo l’Anschluss di Hitler. Lui gli apre gli occhi sul regime, sul nazismo, sulle leggi razziali. Lichtner, pur ebreo, e’ protetto dal prefetto (e in seguito capo della Polizia) Renzo Chierici per interessamento di Italo Balbo, che il giovanissimo Berardinucci da Philadelphia aveva ammirato come trasvolatore atlantico. Dopo il devastante bombardamento di Pescara e l’armistizio dell’8 settembre 1943 Renato e la madre Antonietta riparano a Picciano, dove ci sono i parenti. Qui l’americano crea una banda partigiana con giovani coetanei. Lui intanto tiene i contatti con i paracadutisti alleati che vengono lanciati dietro alla Linea Gustav. Poi passa all’azione, con atti di sabotaggio, la beffa dell’armeria di Penne e una sparatoria nella quale uccide a colpi di pistola un ufficiale tedesco. Nelle pagine dell’accurata ricostruzione di Patricelli, che per la struttura del libro ha adoperato un inedito schema musicale ispirato al contrappunto (lo storico e’ anche pianista e compositore), scorre il microcosmo parallelo della provincia nella provincia, dove tutto e’ piu’ sfumato, anche tra occupanti e occupati, come negli episodi che riguardano il capitano della Wehrmacht Koenig, professore di latino a Lipsia, e la Pasqua di pace del 1944, preludio alla liberazione. Di li’ a poco Renato, tradito da una spia fascista, sara’ fucilato al cimitero di Arischia da un plotone d’esecuzione tedesco, davanti agli occhi della madre impazzita dal dolore e percossa selvaggiamente dai soldati.

“Il partigiano americano” si apre nel 1957, quando il padre di Berardinucci, Vincenzo, che ha visto il figlio per l’ultima volta nel 1940, torna in Italia da New York per ricevere dal presidente della Repubblica Gronchi la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, ma soprattutto per vendicarsi della spia che ha consegnato Renato al suo destino. Una storia bella e drammatica per raccontare un episodio finora inedito della Resistenza, grazie a un lungo e meticoloso lavoro sulla memoria orale dei compagni di Berardinucci, i conoscenti e i testimoni dei fatti narrati. Quasi un romanzo epico, dove tutto, pero’, e’ vero, e in cui l’umanita’ dei personaggi tiene ben lontana ogni condiscendenza alla retorica.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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