Le lettere di Enzo Tortora finiscono in un libro

“Non possiamo avere nei confronti dello Stato, quando organizza e amministra la giustizia, la paura che la giustizia possa uccidere i diritti e la dignita’ delle persone. Con Tortora, in termini macroscopici, si verifica uno Stato che uccide un cittadino”. Cosi’ il governatore dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso, sottolineando la necessita’ di una “riforma implacabilmente coraggiosa”. L’occasione e’ la presentazione del libro ‘Lettere a Francesca’, cui ha preso parte anche Francesca Scoppelliti, compagna di Enzo Tortora che, a quasi 30 anni dalla morte del celebre giornalista e presentatore televisivo, ha consegnato alla memoria le lettere che lui le scrisse dall’inferno del carcere. L’iniziativa si e’ svolta nel pomeriggio, nella sede della Provincia, a Pescara. Sottolineando che “anche il sacrificio, doloroso e sanguinante, di un solo cittadino descrive una condizione fallimentare di uno Stato ordinamento”, D’Alfonso si e’ chiesto se l’esperienza di Tortora abbia lasciato “tale e quale l’Italia o se abbia creato le condizioni per ragionare su un rinnovamento dell’ordinamento per quanto riguarda la cultura delle garanzie”.

Il governatore ha parlato di “genuflessione rispetto alla cultura della colpevolezza e una grande responsabilita’ e’ del mondo dell’informazione”, con una “ginnastica dell’ossequio nei confronti dell’accusa”. Secondo il presidente di Regione andrebbero quindi rafforzati “gli scaffali mentali di fronte all’espressione di giudizio su un fatto che deve essere ancora giudicato”. Evidenziando l’importanza che per lui hanno le infrastrutture, D’Alfonso ha definito la giustizia come un'”infrastruttura capitale”. “Sto riflettendo anche sulla denaturazione dell’istituto della prescrizione – ha aggiunto – Sto immaginando che molte volte ci sia un riparo all’interno del tempo che decorre per evitare che emerga la verita’. Perche’ e’ chiaro che davanti al tempo che e’ decorso la prescrizione e’ una maschera che ripara. Va ritrovata la cultura del limite: chi accusa, e non solo chi giudica, deve trovare le prove a discarico, a favore dell’indagato”. Il presidente ha poi parlato di “un libro che andrebbe maneggiato e condiviso negli ambienti scolastici. Vorrei che i miei figli potessero riflettere su queste pagine sacre”, ha concluso. “Sul nome di Enzo – ha detto Scoppelliti – si e’ sempre cercato di far calare il muro del silenzio, perche’ rappresenta un po’ la cattiva coscienza; e’ come lo sporco, che e’ meglio farlo finire sotto al tappeto. Questo non l’ho consentito, perche’ significherebbe ucciderlo ancora”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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