Evoluzione di un artista: Vincenzo Bonanni.

di Emanuela Medoro

Ricordate Andy Warhol (1928-1987)? Pittore, scultore, regista è il rappresentante più tipico della pop art americana. Sono negli occhi di tutti i suoi ritratti in serie di Marilyn, o il barattolo della zuppa Campbell. A quarant’anni dalla sua morte ecco la mostra personale WARHOL/ism, this is not by me, dell’artista aquilano, Vincenzo Bonanni.

Quando ho letto la email di V. Bonanni, con la notizia di una sua mostra personale, ho cercato subito di capire dove questa avrebbe avuto luogo, curiosa di vedere l’evoluzione artistica di questo giovane aquilano. Dopo un po’ di ricerca, ho capito che il luogo della mostra sarebbe stato lo schermo del mio computer. All’inizio di questo evento virtuale, però, l’autore chiarisce che esso precede l’uscita del libro monografico e della mostra personale. Di questa sì, vorrei sapere il dove. Quindi non c’è sostituzione dei mezzi espressivi tradizionali con il virtuale, ma semplicemente il virtuale precede e si aggiunge ad essi.

Dato il titolo della mostra vado a cercare Andy Warhol su Google e vedo un migliaio di immagini, fra cui noto una serie di autoritratti che seguono i cambiamenti del suo viso nel trascorrere del tempo e degli umori, multicolori ritratti di Marilyn e Liz Taylor, e gli immancabili barattoli di zuppa Campbell. Chiude la serie Warhol su Google una foto di Trump con il suo pagliaio biondo/rosso particolarmente scomposto. Cito una delle frasi celebri di Warhol, veramente attuale, se penso alle esibizioni recenti della first lady Trump, “Comprare è molto più americano di pensare, ed io sono molto americano.”

Apro il sito di V. Bonanni, e, sebbene quasi analfabeta informatica, prendo contatto con la mostra online. Introduce la mostra una canzone di David Bowie “Space Oddity”. Seguo le indicazioni della freccetta gialla, con essa apro e faccio scorrere i quattro capitoli in cui è suddivisa la mostra, ingrandisco e rimpicciolisco le immagini. Che significa dunque “Warholism, this is not by me”? Secondo me, il titolo ci dice che V. Bonanni trova la radice del suo lavoro nell’opera di Andy Warhol e, trasferendo nel mondo di oggi i modi espressivi di lui, crea quattro serie di immagini, che ripetute con variazioni di forma e colore, diventano memorabili icone del mondo di oggi. Le serie sono: Selfies/Autoritratti, Fires’s land/la Terra dei fuochi, Icons/Icone, Bruises and Blood/Ferite e Sangue, per un totale di ben 135 immagini, riunite in una sorta di scaletta da salire e scendere da destra verso sinistra o viceversa. Ogni capitolo è preceduto da una puntuale introduzione dell’autore.

All’inizio c’è la sequenza di Autoritratti che variano per età e stati d’animo, rappresentati con variazioni di colore, fra cui ricordo benissimo le sfumature di giallo.

Per La Terra dei fuochi mi ha colpito la puntuale elencazione della composizione della “zuppa” tutta italiana e camorrista di quelle zone. La zuppa, contenuta in barattoli da aprire con la linguetta a strappo, è composta da un venefico mix di trenta elementi, in italiano ed in inglese. Questo elenco di veleni dà una sorta di vertigine depressa, pensando alla odierna situazione malata di alcuni paesi, Acerra, Nola e Marigliano, situati in quella che fu la Campania felix, di classica memoria.

Nel capitolo Icone compaiono ritratti di personaggi di oggi, collegati a quelli rappresentati da Andy Warhol: Alda Merini/Liz Taylor, Gino Strada/Mao, Roberto Saviano/Lenin sono citati come testimoni dell’Italia positiva e generosa di oggi.

Infine per Ferite e Sangue, che trae origine dalla serie Death and Disaster, ricordo in modo particolare la rielaborazione di una immagine delle rovine della Piazza Duomo de L’Aquila causate dal sisma del 2009, prodotta subito dopo l’evento e parte della mostra Kyrie Eleison.

Già conosciamo la pittura di Vincenzo Bonanni per le sue mostre iniziate nel 2008. Grandi quadri/collage fatti di giornali, carte, e materie non sempre ben identificabili sparsi su tele, immagini unificate da sfumature di colori, usati sapientemente sulle superfici in modo più o meno denso, con pennellate veloci, sottili, ampie, leggere, pesanti. A tutto questo si aggiunge adesso un’altra abilità, quella di trasferire il tutto nel mondo virtuale. Mondo che ci priva del contatto reale con la materia della sua pittura, ma ci dà il modo di osservarla a casa nostra. Aspetto con ansia il cartaceo e la mostra reale.

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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