La Polizia sgomina un’organizzazione di estremisti

Sembravano intenzionati a costituire una struttura politica che si richiamava all’ideologia fascista gli estremisti di destra coinvolti nell’indagine dell’Antiterrorismo della Polizia e della Digos dell’Aquila che ha portato a 25 perquisizioni in 18 province. Il blitz ha interessato le province dell’Aquila, Milano, Como, Chieti, Verona, La Spezia, Genova, Pescara, Terni, Macerata, Piacenza, Modena, Vicenza, Lecce, Fermo, Roma, Cosenza e Venezia.

Agli appartenenti all’organizzazione ‘Ultima Legione’ e’ stato contestato il perseguimento di finalita’ antidemocratiche proprie del partito fascista, con istigazione all’uso della violenza quale metodo di lotta politica e diffusione online di materiale che incita all’odio ed alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi.

L’inchiesta, diretta dalla Procura distrettuale dell’Aquila e coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, e’ partita nel gennaio 2019, concentrandosi su alcuni sodali dell’organizzazione residenti in Abruzzo attraverso il monitoraggio di chat create su Telegram e Whatsapp e denominate ‘Ultima Legione’ e ‘Boia chi molla’ sulle quali gli indagati facevano proselitismo e reclutamento di militanti; poi si e’ estesa su tutto il territorio nazionale, consentendo di delineare l’organigramma dei tesserati ad Ultima Legione Italia.

Nelle chat venivano postate foto, video e simboli che inneggiavano al nazismo ed esaltavano le stragi di matrice suprematista. Immagini e video sono stati trovati nella disponibilita’ di tre persone residenti a Firenze, Prato e Grosseto, considerate tra gli animatori delle due chat. Secondo gli investigatori l’obiettivo era quello di reclutare militanti per mettere in piedi una struttura politica di ispirazione fascista, ma non e’ escluso che gli appartenenti volessero compiere anche azioni violente. Dall’attivita’ investigativa e’ emerso come alcuni affiliati, definendosi apertamente “fascisti”, denigrassero i valori della Resistenza e della Costituzione con epiteti dispregiativi.

La violenza veniva in piu’ occasioni esaltata quale metodo di lotta politica, con l’aperta finalita’ di cavalcare il dissenso, anche propugnando, in diverse circostanze, il ricorso alle armi, con frasi esplicite pubblicate in chat.

Non mancava la propaganda razzista e l’incitamento alla discriminazione ed alla violenza con la pubblicazione, sulle chat e sul web, di dichiarazioni e meme improntati alla negazione della Shoah ed all’esaltazione delle leggi razziali.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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