Mafia, operazione Hello bross Black axe: all’Aquila arrestato il boss nigeriano

Sono 12 gli arresti e le perquisizioni eseguite dalla Polizia di Stato in Abruzzo, nei confronti dell’organizzazione mafiosa nigeriana Black axe. All’Aquila è stato arrestato il capo del gruppo criminale Zonal head Italia, che aveva la responsabilità del gruppo criminale per l’Italia. Oggi in tutto sono 30 le misure cautelari in carcere eseguite dai poliziotti del coordinamento del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, in 14 province italiane con 55 indagati. Il boss dell’organizzazione criminale nigeriana viveva da tempo nel capoluogo abruzzese. E’ stato definito dagli inquirenti un integralista e all’alba è finito in manette nell’operazione. Gli investigatori sono riusciti ad individuare e comprendere l’importanza di questo personaggio, il capo che “Da questa città riusciva a consumare ipotesi delittuose” con effetti che si estendevano in altri Stati, ha dichiarato Stefano Gallo, sostituto procuratore della Repubblica dell’Aquila. Dal capoluogo abruzzese partiva dunque l’attività criminale dell’organizzazione “cultista” così definita dagli investigatori. Il capo dirigeva corrieri, trasporti, truffe informatiche non solo collegato a Napoli, Bari, Reggio Emilia, Caserta e Roma, ma anche connesso con l’estero. Il boss nigeriano si raccordava con i capi regionali dell’organizzazione raccomandando di mantenere sempre un profilo basso perché “lavorare nell’ombra rende di più” avrebbe detto.

Il nigeriano di 35 anni che avrebbe diretto le attività illegali del clan nell’ombra sarebbe sbarcato a Pozzallo, in Sicilia, nel 2014 ed è finito nel capoluogo della regione Abruzzo che ai tempi garantiva il primo centro di accoglienza per migranti. Dopo una breve parentesi a Reggio Emilia il boss nigeriano è rientrato all’Aquila per gestire tutti gli affari dell’organizzazione criminale. Un capo che a differenza di altre organizzazioni criminali nigeriane pretendeva che i riti di affiliazione al cult fossero eseguiti in Nigeria, da qui l’integralismo. Il gruppo infatti è composto solo da nigeriani che sono entrati in Italia solo dopo aver aderito all’organizzazione criminale.

“Questa organizzazione risponde agli schemi tipici di quella mafiosa – ha spiegato il procuratore capo Michele Renzo – Siamo riusciti ad individuare il capo. Ci siamo imbattuti in una sorta di evoluzione della criminalità mafiosa”. Mafia che sta compiendo il passo ulteriore con violenza esercitata sui sistemi, ha aggiunto Renzo sottolineando che dalle intercettazioni risulta, al vertice, la consapevolezza di agire al di là delle istituzioni e la pericolosità. Tutti gli indagati sono in carcere e a tutti viene contestato il reato di associazione di tipo mafioso (416bis). Tra le attività peculiari di questo sodalizio criminale nigeriano c’è soprattutto l’accattonaggio, davanti ai supermercati, in aggiunta ai reati tipici dei clan mafiosi come lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione e le truffe informatiche che si aggiungono a quelle romantiche che delineano la transnazionalità dell’organizzazione attiva anche in Gran Bretagna, Germania e Stati uniti. “Oggi è stato inferto un duro colpo a quest’organizzazione criminale nigeriana” ha affermato Stefano Gallo, sostituto procuratore della Repubblica dell’Aquila. Colpisce soprattutto l’aspetto patrimoniale dell’impegno criminale del gruppo con un giro di affari di oltre un milione di euro registrato in un anno e mezzo.

Dei cento capi di imputazione che pesano sui nigeriani arrestati oltre il 70 per cento è riferito ad un complesso sistema di clonazione di carte di credito e di false identità. Interessante poi il sistema delle criptovalute con un doppio utilizzo di bitcoin di cui facevano scorta. Il primo per acquistare le carte clonate (una costa dai 10 ai 30 euro) provenienti da tutto il mondo, dal Giappone, ma anche dall’Italia con numerose denunce. Il secondo impiego di bitcoin per riciclare il denaro. Una volta monetizzati, i proventi dei reati venivano cambiati in bitcoin per riciclare ulteriormente il denaro e reinvestirlo.  A tenere il filo sono stati gli inquirenti che hanno ricostruito minuziosamente il lungo viaggio della criptovaluta fino in Nigeria, la casa madre dell’organizzazione che in questo stato africano investiva poi in immobili e altre attività, anche lecite. Fiumi di denaro garantiti poi anche con il versamento della ‘quota associativa’ e delle vere e proprie collette organizzate, attraverso le chat di Whatsapp, per garantire sostegni alle famiglie degli arrestati. Regole ferree, silenzio e obbedienza, prima di tutto. Comunque gli investigatori sono riusciti anche a svelare l’attività illecita di diversi African shop, gestiti dall’organizzazione, per trasferire fondi neri attraverso una rete composta anche da persone di fiducia.

L’attività nasce come approfondimento dell’operazione di polizia ‘Papavero’ del 2018 nei confronti di cittadini gambiani. Da qui è stato messo in evidenza il ruolo di alcuni corrieri e così si è giunti all’individuazione del capo dei capi seguito passo dopo passo per molto tempo. Oggi sono stati arrestati i vertici del “cult” che corrisponde al comando di una nazione, la zona, in altri territori italiani le operazioni di polizia sino ad ora eseguite hanno portato agli arresti dei comandanti dei cosiddetti forum e cioè di aree regionali, più limitate, hanno sottolineato in conferenza stampa ai vertici della questura aquilana. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal gip del tribunale dell’Aquila, Guendalina Buccella, su richiesta del procuratore Michele Renzo e del sostituto procuratore, Stefano Gallo. “Non c’è integrazione senza regole” ha dichiarato il procuratore Renzo. “Il Federal bureau reputa oggi la mafia nigeriana una delle più pericolose al mondo” ha aggiunto il questore dell’Aquila, Gennaro Campoluongo, così per far comprendere la pericolosità di questa organizzazione presente nel territorio italiano. “Il percorso per neutralizzare un’organizzazione del genere è lungo perché sono almeno 20 anni che operano nel territorio” ma il direttore centrale anticrimine e prefetto Francesco Massina ha evidenziato anche il grande passo compiuto oggi nell’azione di contrasto alle mafie.

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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