Il ricambio generazionale nelle imprese familiari abruzzesi resta un percorso lungo e complesso. È quanto emerge da un’indagine condotta da CNA Giovani Imprenditori Abruzzo su un campione di 116 aziende locali. Lo studio è stato presentato a Pescara durante una conferenza stampa a cui ha partecipato anche il professor Alfredo De Massis, Ordinario di Imprenditorialità e Family Business Management all’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara, considerato uno dei maggiori esperti di imprese familiari. Insieme a lui, erano presenti Silvio Calice, direttore regionale di CNA Abruzzo, e i rappresentanti di CNA Giovani Imprenditori, Daniela Giangreco e Marco Tuci che ha illustrato i dati principali dell’indagine, sottolineando come la maggior parte delle aziende intervistate siano family business con una struttura di leadership ancora molto legata alla generazione precedente. Circa il 42% dei titolari ha tra i 40 e i 50 anni, mentre solo il 5% rientra nella fascia 20-30 anni. Le imprese coinvolte appartengono in larga parte alla categoria delle piccole realtà con meno di dieci dipendenti.
L’età media dei ruoli di vertice ricoperti in azienda la dice lunga sulla consistenza del problema: perché poco più del 5% ha un’età compresa tra i venti e i trent’anni; poco più del 10% tra i trenta e i quaranta, mentre tutt’altre cifre può vantare la fascia compresa tra i quaranta e i cinquant’anni (il 25%). Ma soprattutto gli ultracinquantenni, che viaggiano ben al di sopra del 40%, ricoprendo ruoli di direzione, nel coordinamento delle persone, nell’amministrazione e in altre funzioni operative.
E se al problema del passaggio generazionale sette su dieci “ci hanno pensato”, sei su dieci si dà una risposta negativa: no, non è il momento, perché sarebbe prematuro, il resto della famiglia non è pronto o non è interessato. Alla base, dunque, una sfida tra generazioni che si sintetizza nella differenza di visione, nello scontro tra innovazione e tradizione, nell’assenza di giovani nei ruoli-chiave. E che bene spiega anche il percorso seguito per la formazione: con l’apprendistato saldamente al comando primo posto, con gli studi universitari ben dietro, mentre formazione di settore, esperienza esterna e corsi specifici (il cosiddetto coaching) veleggiano nelle retrovie. Quanto al “sistema di valori”, fiducia e rispetto superano largamente la metà delle opinioni degli intervistati, superando ascolto e coerenza.