Centro studi Confindustria, il 2024 inizia con nuovi rischi e tensioni

Il 2024 si e’ aperto con ulteriori rischi per i flussi commerciali, dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez per gli attacchi del gruppo yemenita degli Houti. E’ quanto emerge dalla congiuntura flash di gennaio del Centro studi di Confindustria che fa notare che i prezzi di gas e petrolio “non ne hanno risentito finora, ma restano alti” (a gennaio 31 euro/mwh e 78 dollari/barile), mentre a fine 2023 il Pil italiano potrebbe essere andato meglio dell’atteso: sono ripartiti servizi e costruzioni, ma l’industria resta debole

In questo quadro, «a fine 2023 il Pil italiano potrebbe essere andato meglio dell’atteso: ripartiti servizi e costruzioni, ma l’industria resta debole», quando «l’inflazione è ai minimi, solo in Italia» e quindi «i tassi potrebbero rimanere alti ancora per alcuni mesi».

Andando a esaminare nel dettaglio vari aspetti della congiuntura, il Centro sudi di Confindustria rileva che «l’inflazione italiana è scesa ancora a dicembre (+0,6% annuo, da +0,7%)» mentre «è balzata in Germania (+3,8% da +2,3%) e Francia (+4,1% da +3,9%), tanto che nella media Eurozona è risalita al +2,9% (da +2,4%). Il divario è spiegato soprattutto dalle diverse traiettorie dei prezzi energetici, che ora calano molto di più in Italia (-24,7%) che in Europa (-6,7%), a causa di un “effetto base” avverso in Germania (dove il Governo li aveva frenati molto a dicembre 2022). Contano anche i prezzi core di beni e servizi, che proseguono ovunque la frenata, ma in Italia sono già tornati appena sotto il +3,0%, mentre nell’Area mantengono un maggior ritmo (+3,4%)».

Parlando di tassi, Confindustria indica che «i tassi sovrani non hanno risentito delle riforme riguardanti l’Europa (accordo sul Patto di Stabilità, mancata ratifica del Mes)» e «ciò riflette le attese al ribasso sui tassi delle banche centrali: i mercati si aspettano il tasso Fed ancora fermo a fine gennaio (5,50%) e il primo taglio a marzo; anche nell’Eurozona si attendono tassi Bce fermi questo mese (4,50%) e un taglio a marzo-aprile. Il recente aumento dell’inflazione non ha quindi intaccato l’ottimismo dei mercati, ma può frenare le mosse Bce». In questo quadro, a novembre si è registrato «l’ennesimo aumento del costo del credito per le imprese italiane (5,59% in media). Viceversa, per il secondo mese si attenua la caduta dei prestiti (-4,8% annuo, da un minimo di -6,7% a settembre), sebbene il credito rimanga un fattore di freno per investimenti e consumi».

Migliora il quadro degli investimenti: «i dati qualitativi segnalano una dinamica meno sfavorevole nel quarto trimestre, dopo il calo nel terzo: migliorano le condizioni per investire che rimangono però negative (-20,9% da -31,0%) e la previsione sulla spesa in beni di capitale (16,0%, da 11,1%); la domanda gioca poco a favore. A dicembre, però, è calata la fiducia delle imprese del settore».

Sul fronte dei consumi, «dopo un terzo trimestre robusto, segnali misti sui consumi nel quarto. Le vendite al dettaglio hanno recuperato a ottobre-novembre (+0,6%), ma quelle di beni alimentari sono deboli; a dicembre la fiducia delle famiglie è risalita, Icc segna un +0,5% annuo, ma le vendite di auto hanno frenato (-3,7%)». Per quanto riguarda i servizi, «a ottobre e novembre RTT (CSC-TeamSystem) indica un recupero dell’attività nei servizi e a dicembre, secondo l’indice Pmi, la flessione è stata quasi annullata (49,8, da 49,5), un dato coerente con il forte rimbalzo della fiducia delle imprese a fine anno, specie quelle del turismo».

Infine, sul fronte del lavoro, «si conferma la dinamica positiva del mercato del lavoro: +450mila occupati a novembre da fine 2022. La crescita a ottobre-novembre (+122mila) è interamente ascrivibile ai lavoratori a tempo indeterminato (+0,9%, +143mila); calano determinato (-0,3%) e indipendenti (-0,3%)».

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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