A partire dal 2011, il Prodotto interno lordo e’ salito di 2,8 miliardi, mentre la pressione fiscale e’ cresciuta di 46 miliardi. A metterlo nero su bianco il Consiglio e la Fondazione nazionali dei Commercialisti, il cui Osservatorio ha censito “333.000 famiglie, il 20% in piu’ rispetto al 2019”, precipitate, a causa dei fendenti della pandemia, “nell’area della poverta’ assoluta”, mentre il ‘peso’ dei tributi non si e’ attenuato. L’anno passato, infatti, “la pressione fiscale generale pari al 43,1%, e’ aumentata di 0,7 punti di Pil, mentre quella delle famiglie, pari al 18,9%, e’ cresciuta di 1 punto di Pil”, si legge nel dossier. La perdurante congiuntura economica negativa del decennio passato ha depresso fortemente i guadagni, poiche’ “dal 2003 al 2018, il reddito medio in termini reali ha perso l’8,3% del suo valore”, e nel contempo e’ incrementato il divario Nord-Sud (+1,6%), arrivando a raggiungere i -478 euro al mese. Laddove, poi, in casa prevale il reddito da lavoro autonomo, la crisi ha colpito ancora piu’ duramente: la perdita in termini reali e’ stata pari al 28,4%, recita l’analisi dei professionisti. Nel Mezzogiorno, viene sottolineato, la spesa mensile media di una famiglia nel 2020 risulta pari al 75,2%, rispetto ad una che vive nelle regioni settentrionali: 1.898 contro 2.525 euro.
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