Ricerca e sviluppo, l’Abruzzo fa registrare il maggiore incremento

Nel 2021 si registra un discreto recupero delle attivita’ di ricerca e sviluppo dopo la contrazione registrata nel 2020 a causa della crisi pandemica. La spesa complessiva in ricerca e sviluppo intra-muros, effettuata da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e universita’, che nel 2021 ammonta a circa 26,0 miliardi di euro, aumenta del 3,8 per cento rispetto al 2020 ed e’ inferiore di appena l’1 per cento rispetto al 2019. E’ quanto si legge in un report Istat. Tuttavia, la ripresa della spesa investe prevalentemente le istituzioni pubbliche (+9,7 per cento) e le universita’ (+7,9 per cento). Il non profit continua a registrare un incremento costante (+1,9 per cento), mentre nel settore delle imprese la crescita della spesa (+1,1 per cento) e’ modesta e interessa soltanto le imprese di maggiore dimensione. Nel settore delle imprese l’aumento cosi’ contenuto dipende sostanzialmente dal minor numero di imprese che hanno complessivamente svolto attivita’ di ricerca e sviluppo nel corso del 2021 (14.172 unita’ contro le circa 15.718 del 2020), mentre aumenta la spesa sostenuta dalle imprese gia’ attive in ricerca e sviluppo nel 2020 (+5,9 per cento). L’incidenza percentuale della spesa sul Pil risulta pari all’1,45 per cento, in diminuzione rispetto all’anno precedente (1,51 per cento). La spesa in ricerca e sviluppo delle imprese sul Pil e’ pari allo 0,88 per cento, anch’essa in calo rispetto al 2020 (-0,05 punti percentuali). Per il 2022 i dati preliminari indicano un peggioramento della spesa in ricerca e sviluppo delle imprese (-2,9 per cento rispetto al 2021). E’ invece stimata per il 2023 una ripresa in grado di riportare i valori di spesa a livelli superiori al 2021: secondo le previsioni la spesa delle imprese aumentera’ raggiungendo il valore di circa 16 miliardi di euro (+5,2 per cento rispetto al 2022). Nel settore delle istituzioni pubbliche i dati preliminari 2022 evidenziano un aumento della spesa in ricerca e sviluppo intra-muros del 5,6 per cento rispetto al 2021. L’andamento crescente prosegue nel 2023: l’aumento previsto e’ pari al 12,2 per cento rispetto all’anno precedente. Anche per le istituzioni private non profit si prevede un aumento della spesa sia nel 2022 (+4,3 per cento) che nel 2023 (+8,6 per cento).

Nelle imprese si registrano modesti segnali di ripresa delle attivita’ di ricerca e sviluppo nel 2021. Nonostante la generale fase di recupero registrata dall’economia nazionale, la spesa in R&S delle imprese non torna ai livelli pre-crisi (15,6 miliardi nel 2021 contro i 16,6 del 2019) e registra ritmi di crescita annuali ben lontani da quelli del periodo pre-pandemico (+1,1 per cento a fronte del +7,4 per cento del 2018 e del +4,1 per cento del 2019). Come la contrazione della spesa in ricerca e sviluppo durante la crisi pandemica aveva chiaramente assunto una rilevante caratterizzazione sia dimensionale sia settoriale, cosi’ il suo andamento nella fase post-pandemica e’ molto differenziato, determinando forti divaricazioni settoriali e dimensionali con situazioni in cui la spesa resta ancora molto al di sotto del livello precedente la crisi. Dai dati recenti, infatti, appare confermata la polarizzazione strutturale del sistema produttivo nazionale rispetto all’intensita’ della ricerca e sviluppo nel 2021. La scelta di puntare su nuovi investimenti in ricerca e sviluppo, non avendo interessato tutte le imprese, ha accentuato l’eterogeneita’ del sistema produttivo. Trasversalmente alle attivita’ economiche, la ripresa interessa solo le grandi imprese, mentre tutte le altre non sembrano superare la crisi causata dalla pandemia. Le piu’ colpite sono le piccole imprese (meno di 50 addetti), la cui spesa si riduce del 6,3 per cento rispetto al 2020, mentre nelle imprese di media dimensione (50-249 addetti) il calo e’ piu’ contenuta (-3,2 per cento). All’opposto, emerge il discreto recupero delle attivita’ di ricerca e sviluppo delle imprese con oltre 249 addetti, che spendono il 3,8 per cento in piu’ rispetto al 2020.

L’impatto sul sistema delle imprese e’ stato molto differenziato anche dal punto di vista settoriale. Indipendentemente dalla classe dimensionale, l’indebolimento delle attivita’ di ricerca e sviluppo ha riguardato soprattutto le imprese dei servizi. I piu’ colpiti sono stati i comparti della finanza e assicurazioni (-17,3 per cento rispetto al 2020), i servizi informatici (-5,7 per cento i servizi principali e -6,2 per cento i servizi collaterali) e il commercio (-7,1 per cento). All’opposto, nell’industria e nelle costruzioni la crisi ha segnato l’avvio di una ripresa (rispettivamente pari a +3,3 per cento nelle prime e a +12,7 per cento nelle seconde). Sussistono pero’ vistose differenze tra i settori industriali. Alcuni comparti del made in Italy, quali il settore alimentare e l’abbigliamento, e le industrie del legno e della carta soffrono ancora serie perdite in termini di spesa in ricerca e sviluppo, che diminuisce in media del 15 per cento rispetto al 2020. Le imprese che investono maggiormente in ricerca e sviluppo sono concentrate nei settori della produzione di macchinari, autoveicoli e altri mezzi di trasporto: i tre settori insieme rappresentano oltre un terzo della spesa complessiva. Seguono l’elettronica, il comparto della ricerca e sviluppo e l’informatica con un miliardo di spesa e quote superiori al sei per cento. Rispetto al 2020 la maggior parte dei settori principali registra un aumento significativo nella spesa di ricerca e sviluppo. In particolare, emerge sia il discreto recupero dell’industria degli autoveicoli (+9,4 per cento), dell’elettronica (+8 per cento) e dei servizi di assistenza sanitaria (+8,5 per cento), sia la crescita robusta del comparto delle apparecchiature elettriche (+13,1 per cento) e dell’industria della gomma e plastica (+11,7 per cento). All’opposto, il settore dell’abbigliamento e il comparto degli articoli in pelle restano in forte difficolta’, con un calo della spesa rispettivamente del 22,2 per cento e del 13,3 per cento. Infine, anche l’informatica registra un’importante variazione negativa della spesa (-5,7 per cento).

A livello territoriale la spesa in ricerca e sviluppo resta fortemente concentrata, i due terzi della spesa totale infatti (oltre 17 miliardi di euro), sono effettuati da sole cinque regioni: Lombardia (20,0 per cento), Lazio (15,2 per cento), Emilia-Romagna (13,5 per cento), Piemonte (10,9 per cento) e Veneto (8,0 per cento). Altre due regioni sostengono una spesa superiore al miliardo di euro: la Toscana, con una quota regionale del 7,0 per cento della spesa totale, e la Campania (5,7 per cento). Tutte le altre regioni contribuiscono complessivamente con una quota di poco inferiore al 20 per cento. Rispetto al 2020 si registra una tendenza generalizzata alla ripresa della spesa in ricerca e sviluppo in tutto il territorio nazionale con punte massime nel Sud (+8,4 per cento) e risultati positivi anche nelle Isole (+5,8 per cento), nel Centro (+5,3 per cento) e nel Nord-est (+4,7 per cento). Resta invece sostanzialmente stabile la spesa in ricerca e sviluppo nel Nord-ovest (+0,7 per cento) per effetto di un calo del 4,2 per cento in Piemonte. Le migliori performance sono registrate in Abruzzo (+19,7 per cento), Liguria (+11,3 per cento), Puglia (+10,6 per cento), Emilia-Romagna (+9,8). Si segnala infine un pieno recupero del livello pre-pandemico del Centro (+0,4 per cento rispetto al 2019, ottenuto pero’ unicamente grazie all’incremento registrato nel Lazio) e una crescita importante del Sud (+3,0 per cento) e delle Isole (+6,0 per cento), dove ad eccezione di Molise, Basilicata e Sardegna, tutte le regioni superano i livelli del 2019.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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