Ricerca Inapp, un lavoratore su sei fa straordinari non retribuiti

Un lavoratore dipendente su sei (15,9%) fa straordinari non retribuiti. Un dato preoccupante, se consideriamo che gli straordinari interessano sei occupati su dieci (60%), in maggioranza uomini (64,7% contro il 54,1% delle donne). Le motivazioni sono di vario tipo: nella maggior parte dei casi (51,2%) per carichi di lavoro eccessivi o carenza di personale, nel 18,4% per guadagnare di più. C’è poi un 8,1% che dichiara di non potersi rifiutare. È uno dei fenomeni rilevati dall’indagine Inapp Plus (Participation, Labour, Unemployment Survey), che ha coinvolto 45.000 individui dai 18 ai 74 anni e si è conclusa nel 2022, il cui Rapporto finale verrà presentato prossimamente nella sede dell’Istituto. Il problema degli straordinari, tuttavia, si inscrive nel più generale tema della regolazione dei tempi di vita e di lavoro che vedono emergere un dato allarmante: circa la metà degli occupati svolge la propria attività in orari che si potrebbero definire antisociali. Nello specifico, il 18,6% dei dipendenti lavora sia di notte che nei festivi (circa 3,2 milioni di persone), il 9,1% anche il sabato e i festivi (ma non la notte), mentre il 19,3% anche la notte (ma non di sabato o festivi). Gli uomini sperimentano di più sia il solo lavoro notturno, sia quello svolto sia di notte che nei festivi; le donne, invece sono impegnate più il sabato o nei festivi.

Ci sono anche lavoratori che sperimentano allo stesso tempo sia un orario ridotto, non per scelta, sia la presenza di orari antisociali. Si tratta di circa 900mila dipendenti che, oltre ad avere un part time involontario, svolgono la propria attività la notte o nei festivi (quasi il 52% di chi ha un part time involontario e oltre il 27% sul totale degli occupati part time). E si pensi che a questi lavoratori subordinati vanno aggiunti molti lavoratori autonomi i cui i tempi di lavoro sono molto impegnativi perché legati all’esigenza della clientela. Un modo di lavorare che è particolarmente oneroso soprattutto per coloro che devono far fronte a carichi di cura, perché si concentra in momenti in cui non sono disponibili i servizi e, comunque, in generale costituisce uno sfasamento rispetto agli orari diffusi tra la maggioranza della popolazione.

Secondo il Rapporto, una certa rigidità si registra anche sul fronte dei permessi: il 21,3% degli occupati (circa 4,7 milioni) dichiara di non poter o non volere prendere permessi per motivi personali, il 54,8% può prenderli e il restante 23,9% può modulare l’impegno lavorativo. Gli uomini hanno una maggiore autonomia, mentre per le donne si evidenzia la pressione di un contesto che disincentiva l’uso dei permessi. E sono soprattutto gli autonomi che svolgono la propria attività in condizione di para-subordinazione a dichiarare che nei propri contesti di lavoro o non sono previsti permessi o che non è ben visto prenderli. C’è poi l’altro lato della medaglia, quello della consistente quota di sottoccupati, ovvero di occupati che vorrebbero lavorare un maggior numero di ore rispetto a quelle effettivamente svolte. Questa sottoccupazione è più presente tra le donne – anche per la maggiore concentrazione della componente femminile nel part-time – tra i lavoratori con bassi titoli di studio, tra i residenti nel Nord-Ovest e del Sud e Isole e per chi svolge la propria attività in aziende di piccole dimensioni.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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