di Angelo Orlando*
Qualche giorno fa, Abruzzoweb ha pubblicato una interessante analisi del report di “Gimbe” sul regionalismo differenziato, evidenziando le criticità insite negli indirizzi dati dal Governo Meloni, indirizzi “opportunamente” tradotti dal Ministro Calderoli, con una forte accelerazione del processo che dovrebbe consentire alle regioni del Nord di realizzare quella differenziazione nella gestione della capacità fiscale territoriale in grado di finanziare tutte quelle materie che l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione consente di “devolvere”.
L’analisi era incentrata sul rapporto tra l’Abruzzo e i cosiddetti livelli essenziali di assistenza-Lea-, chiaramente riferiti alla valutazione del grado di soddisfazione del diritto alla salute.
Il quadro che ne viene fuori non è certamente incoraggiante, considerando che la nostra Regione è collocata in terza fascia, appena sopra quelle regioni “inadempienti” del Sud che non offrono ai cittadini servizi adeguati alle necessità.
Ma, se emergono criticità già adesso, in un quadro nel quale le procedure di finanziamento del SSR sono certe e definite a livello centrale, cosa accadrà quando, in un quadro finanziario totalmente diverso e non certo favorevole all’Abruzzo, decisamente carente sul piano della capacità fiscale territoriale, bisognerà dare risposte concrete e adeguate ai diritti all’assistenza sociale, all’istruzione e al trasporto pubblico locale?
Lo “spettro” dei LEP alla luce delle letture dell’adeguatezza dei LEA.
Se il discorso dei Lea è burocraticamente definito, invece, molto più complesso è il problema della definizione dei LEP, considerando che i LEP, i livelli essenziali di prestazione, devono essere garantiti in modo assolutamente uniforme su tutto il territorio nazionale e riguardano non solo il diritto alla salute, ma anche quello all’assistenza, all’istruzione, al trasporto pubblico locale.
Il punto da tener, però, presente, la minaccia che incombe sulle Regioni dell’Italia meno “ricca” è che la soddisfazione di questi diritti deve essere sostenuta da un’attenta ripartizione delle risorse finanziarie.
Tanto per esplicitare lo sforzo ciclopico necessario per arrivare all’uniformità di prestazione dei diritti, facendo riferimento ai servizi per la prima infanzia, per esempio, mentre i comuni dell’Emilia-Romagna hanno offerto nel 2019 servizi per la prima infanzia per il 90% degli stessi, in Calabria, nello stesso anno, solo il 22,8% dei comuni ha assicurato questi servizi.
Un ulteriore problema sorge nel momento in cui verifichiamo che la definizione dei LEP è stata affidata dal Governo Meloni, per scelta e per mano del ministro Calderoli, a strutture tecniche, escludendo, nella legge di bilancio 2023, tra la colpevole disattenzione generale, il Nucleo PNRR Stato-Regioni che un ruolo necessariamente dovrebbe avere visto che sono in gioco anche miliardi dello stesso PNRR.
Altro elemento da tenere presente è che la velocizzazione in senso strettamente tecnico è una evidente forzatura, considerando che, dalla lettura, ad esempio dei documenti della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard -CTFS-risulta che le metodologie di valutazione sono state continuamente aggiornate perché di volta in volta ritenute carenti.
Ora, per esplicitare quanto sia “pericolosa” una valutazione tecnico-burocratica, guardiamo la storia dei livelli essenziali di assistenza in Abruzzo con due diverse chiavi di lettura.
I LEA e la valutazione tecnico-burocratica.
Il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, istituito con decreto del Ministro della Salute del 21 novembre 2005, è costituito da:
4 rappresentanti del Ministero della Salute (di cui uno con funzioni di coordinatore), 2 rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze,
1 rappresentante del Dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
7 rappresentanti delle Regioni designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome.
La valutazione riguarda tre macroaree ( ipotizziamo per l’Abruzzo un finanziamento complessivo di 2.500.000.000):
-prevenzione (5% del finanziamento =125 milioni),
-area distrettuale (49% del finanziamento =1.225.000.000),
-assistenza ospedaliera (46% del finanziamento =1.150.000.000 di euro) ( in ogni area il punteggio minimo da conseguire per essere considerati adempienti è 60).
Ecco la storia delle valutazioni per l’Abruzzo fino al 2019 con il vecchio sistema della griglia LEA: 2010 – 133 punti,
2011- 145,
2012- 145,
2013- 152,
2014- 163,
2015- 182 (per la prima volta adempiente, scatta l’uscita dal commissariamento) 2016- 189,
2017- 202,
2018- 209,
2019- 204 (dopo un crescendo rossiniano, per la prima volta il dato è in diminuzione).
Nel 2019 la griglia Lea, ritenuta inadeguata, viene sostituita dal Nuovo Sistema di Garanzia,- NSG- con indicatori diversi rispetto al passato.
Nella relazione del Ministero della Salute pubblicata nel dicembre 2022, in relazione ai dati 2020, la valutazione complessiva per il sistema sanitario regionale è di 194,44 punti, con il dato negativo, 54,03, riferito all’area prevenzione, mentre l’area distrettuale ottiene 76,94 e l’area ospedaliera 63,47 in sensibile arretramento, quest’ultima, rispetto ai dati 2017, 2018 e 2019.
In sintesi, secondo la valutazione tecnico-burocratica, il sistema sanitario abruzzese “ galleggerebbe”, generalmente, in una fascia intermedia tra le 20 regioni censite.
Considerato anche che, per una regione che conosce un inarrestabile processo di invecchiamento della popolazione, in tutte le relazioni, c’è una criticità riferita agli ultrasessantacinquenni, possiamo dire che i numeri rispecchiano perfettamente la realtà? Sperimentiamo, allora, un lettura diversa.
I Lea e la valutazione della “performance” del sistema sanitario abruzzese.
Il 18º Rapporto Sanità di C.R.E.A Sanità, per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei sistemi sanitari regionali ha sostituito i “ tecnici” con un gruppo di 107 portatori di interesse su un set di 39 indicatori per misurare:
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la dimensione di appropriatezza,
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la dimensione economico finanziaria, ovvero la spesa sanitaria totale pro capite e standardizzata, la dimensione equità, per capire quante persone rinunciano a sostenere spese sanitarie per motivi economici o quante famiglie sono impoverite a causa di spese socio-sanitarie,
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la dimensione esiti per indagare sulla mortalità evitabile e sulla speranza di vita in buona salute. I valutatori sono:
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2 supervisori,
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17 rappresentanti istituzionali,
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9 rappresentanti degli utenti,
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30 rappresentanti delle professioni sanitarie,
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35 componenti del management di aziende,
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14 rappresentanti dell’industria medicale.
Nella graduatoria definitiva (in quest’analisi le regioni scrutinate sono 21 e l’indice di performance ottimale è il 100%) relativa al 2022, qual è il posto dell’Abruzzo?
L’indice complessivo di performance 2022 pone l’Abruzzo al terzultimo posto, con un indice di performance inferiore al 30%,
per la categoria utenti l’Abruzzo è al quartultimo posto, per le istituzioni al terzultimo posto.
per le professioni sanitarie al penultimo posto,
per la categoria management aziendale al quartultimo posto,
per la categoria industria medicale, ingloriosamente, all’ultimo posto!
Premesso che in tutte le categorie, con una valutazione tra il 50 e 60%, ben lontana da quella ottimale del 100%, è il Veneto a guidare la classifica, le ultime posizioni se le giocano sempre Calabria, Abruzzo, Campania e, quasi sempre, il Molise.
Sic stantibus rebus, quale delle due è la valutazione più corretta?
Poiché si tratta di una valutazione che non consente ancora di valutare gli effetti dell’autonomia differenziata sui livelli di finanziamento, quale futuro si prospetta al sistema sanitario regionale e al tessuto sociale abruzzese?
Considerando che tra poco dovrà necessariamente entrare in gioco il fondo perequativo orizzontale, cioè quello per cui le regioni ricche dovranno dare qualcosa alle regioni meno ricche, con una solo ipotetica azione perequativa dello Stato- con quali soldi, poi?- cosa accadrà?
Se è consentito dare un suggerimento alla politica abruzzese, soprattutto alla maggioranza entusiasta per il successo in Lombardia, si consiglia di leggere il Policy Paper “ Regionalismo differenziato e risorse finanziarie” del 2017, ricerca promossa dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Lombardia.
Tra le tante ipotesi di perequazione orizzontale che i nostri politici potranno sviscerare, si potrà leggere che la Lombardia, per il finanziamento per le ulteriori materie per le quali rivendica il diritto di gestione autonoma, avrebbe “bisogno” di cifre che variano da un minimo di 7 miliardi ad un massimo di 12 miliardi di euro.
Quando anche le altre regioni, in primis Emilia-Romagna e Veneto, elaboreranno anch’esse queste ipotesi, ricordando che, per chi ha raggiunto l’intesa con lo Stato, la definizione dei LEP significa immediata “ attuazione”, chi finanzierà gli asili nido comunali, le scuole, le misure per la disabilità, l’inclusione sociale, insomma l’esigibilità dei diritti sociali e civili di “ tutti” i cittadini abruzzesi?
Continua….
*Insegnante, viene eletto al Senato della Repubblica nel 1994 nelle file di Rifondazione Comunista e per la XII legislatura fa parte della Commissione Finanze e Tesoro e di quella Agricoltura. Successivamente è per due mandati consigliere regionale in Abruzzo sempre per il PRC.
L’idea che si possa mandare avanti tutto riproponendo una fase di transizione per i LEP è follia allo stato puro..