Spagna: blackout, ritorno al reale

 

di Francesco Piccinino Camboni

Il Blackout
Un blackout che ha colpito l’intera Spagna e si è esteso anche a parti della Francia e del Portogallo ha messo in evidenza quanto la nostra quotidianità sia radicata nella presenza costante dell’elettricità e della tecnologia. L’evento, iniziato il giorno 28 aprile intorno alle 12:30, ha provocato un blocco improvviso e diffuso delle telecomunicazioni, dei trasporti e delle principali attività economiche. Nonostante la durata relativamente breve, con un graduale ritorno alla normalità solo in serata, le conseguenze sono state profonde, tanto sul piano pratico quanto su quello simbolico.

Il problema
Nel cuore della giornata, la corrente è venuta meno improvvisamente, con riflessi significativi anche nelle regioni confinanti di Francia e Portogallo. Un sovraccarico nella rete, ha fatto saltare la distribuzione elettrica senza preavviso. L’ipotesi di un attacco informatico o di un evento naturale è stata esclusa. La mancanza di energia ha avuto un effetto domino: supermercati presi d’assalto, ingorghi stradali imponenti, sistemi di pagamento elettronico inutilizzabili, ascensori fermi e difficoltà a contattare i servizi di emergenza. Le persone rimaste chiuse nei treni e nelle metro, hanno dovuto raggiungere la fermata più vicina camminando sui binari. In molte città, l’unico mezzo d’informazione rimasto accessibile è stata la radio a batterie, che ha improvvisamente riacquisito centralità nelle piazze e nelle case.

la regressione
Il blackout ha generato una sorta di regressione improvvisa. In poche ore, la modernità ha lasciato il posto a una lentezza inedita. Uffici e multinazionali si sono fermati senza possibilità di coordinarsi o informare i dipendenti, mentre chi si trovava in casa si è trovato a riadattare la propria routine all’improvviso nel silenzio digitale. Alcuni si sono ritrovati a contemplare la propria impotenza, senza nemmeno la possibilità di comunicare con colleghi o familiari.

la “vita lenta”
Questa situazione ha introdotto, seppur per un tempo limitato, un’esperienza di “vita lenta”. Con la sospensione della produttività e la disconnessione totale, molte persone hanno colto l’occasione per rallentare. Niente telefonate, niente riunioni online, niente aggiornamenti continui: solo il tempo che scorre, senza impegni né urgenze. Inaspettatamente, il disagio si è trasformato in un’occasione di ristoro mentale. Senza l’assillo delle notifiche e della produttività, è emerso un tempo più autentico, fatto di piccoli gesti, di parole scambiate dal vivo. Le strade sono diventate spazi di incontro, di condivisione spontanea. In alcuni quartieri, si è percepita una solidarietà diffusa, una sensazione collettiva di far parte di qualcosa che supera il singolo disagio.

la disconnessione
La rottura della connessione digitale ha avuto effetti sorprendenti: in molte testimonianze, si racconta di come l’impossibilità di “fare” abbia lasciato spazio all’“essere”. Alcune persone, stese al sole, hanno riscoperto la calma come dimensione legittima, lontana dal senso di colpa legato all’inattività. È stata una forma di riappropriazione del tempo personale, in cui il rallentamento ha coinciso con la riscoperta di sé. In alcuni casi, ha prevalso una sensazione di leggerezza, quasi di sollievo, proprio perché la situazione non poteva essere controllata.

Le fragilità del sistema
il Premier Pedro Sánchez forse non lo ammetterà mai, ma le cause del blackout vanno cercate nel modo in cui è organizzata l’energia in Spagna. Il Paese ha investito molto nelle rinnovabili, scelta giusta per l’ambiente, ma non ha costruito un sistema capace di reggere gli imprevisti. Quando il sole e il vento calano o aumentano troppo in fretta, servono impianti flessibili pronti a intervenire, come quelli a gas o idroelettrici. Invece molti di questi restano spenti, perché non conviene accenderli. Anche la rete elettrica è rimasta indietro: non è abbastanza moderna per adattarsi a una produzione così variabile. Il 28 aprile, l’energia da fonti verdi era altissima, ma senza strumenti adeguati per bilanciare la situazione, la rete è andata fuori controllo. Da lì, il blackout.

l’altro lato della medaglia
L’interruzione energetica ha rivelato quanto la nostra società sia fragile, ma ha anche offerto uno spunto prezioso: disconnettersi, a volte, non è una perdita, ma un guadagno. L’impatto sul mondo del lavoro è stato particolarmente evidente, sollevando domande cruciali sul nostro futuro occupazionale e sulla nostra dipendenza dalla tecnologia. Cosa accadrebbe se un evento simile si ripetesse per giorni? Quanto siamo preparati a vivere senza la rete, senza i dispositivi, senza l’automazione che guida ogni aspetto delle nostre giornate?
Il blackout ha obbligato a guardare in faccia questa dipendenza e, allo stesso tempo, ha offerto un momento di tregua. In quel vuoto digitale, molti hanno trovato spazio per rallentare, per ascoltarsi, per stare. Un’esperienza che, per quanto nata da un disservizio, ha lasciato una traccia che vale la pena ricordare. Perché forse, ogni tanto, abbiamo bisogno proprio di questo: spegnere tutto per accendere di nuovo ciò che conta davvero.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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