Uno spettro si aggira per la campagna elett-orale: lo spettro della “autonomia differenziata”

di Angelo Orlando*

In principio c’era la geometria euclidea: su uno spazio piano due rette parallele non si incontrano mai; poi è arrivata la geometria post euclidea ( Bolyai, Lobochevsky, Riemann, …): in uno spazio curvo le rette possono incontrarsi tranquillamente; alla fine, nel Contratto per il Governo del cambiamento, e con la Gelmini, è arrivata la geometria variabile: due regioni possono tranquillamente separarsi a seconda delle “peculiarità territoriali”- leggasi ricchezza – ! In sintesi, in Italia i confini territoriali tra le regioni sono segnati, nel primo caso da mare, monti, fiumi, nel secondo caso dalla luce, secondo la recente dottrina politica, dai soldi! Ma, questa, che sembra una storia nuova, è una storia vecchia. Nel 1847, il rampollo di una antica famiglia del patriziato milanese, Cesare Correnti, poi confluito nel Parlamento italiano sotto il vessillo di Agostino Depretis, pubblica un opuscolo anonimo, “L’Austria e la Lombardia”.

Quivi si legge: “… Per quanto riguarda la superficie, la Lombardia non è neppure la 18ª parte dell’Impero stesso, eppure la Lombardia e i lombardi pagano più di un quarto delle tasse che confluiscono nell’erario… Tanto per fare un esempio, nel 1810 la tassa sul gioco di tutto il regno dava 1.613.908 lire italiane, mentre nel 1846 la sola amministrazione generale del lotto di Lombardia ha dato all’impero austriaco 2.753.121 lire. Saltando tutte le noiosissime tabelle che dimostrano l’inganno perpetrato dagli esperti austriaci, una conclusione possibile ci dice che se il Nord Italia fosse riunito tutto in un solo Stato, esso potrebbe in breve acquistare la ricchezza e la forza militare della Prussia. Infatti le rendite della monarchia sarda e del regno Lombardo-Veneto prese insieme pareggiano già adesso le rendite della potente monarchia prussiana. Dopo l’unità d’Italia mi sono sforzato di contribuire a spiegare nei diversi ruoli ministeriali che ho ricoperto, l’importanza del Nord Italia…”.

Oggi qualcuno ha raccolto il testimone e questo disegno, sostituendo al titolo dell’opuscolo “Austria” con “Italia”, sgorga dalle sorgenti del Po, si svolge nella nebbia della pianura, svetta alla fine sulle guglie del Leone di San Marco toccando i confini dell’Emilia-Romagna. La chiave di questo sogno-disegno è “residuo fiscale”, espressione che si traduce nella rivendicazione della possibilità di investire la propria ricchezza, tradotta nelle entrate fiscali, sulla propria terra. Guardate queste cifre:
Lombardia 2002 le entrate della regione ammontavano a 142.760.000.000, le spese a 115.205.000.000, con un saldo positivo di 27.550.000.000 di euro, Lombardia 2007 le entrate ammontavano a 175.230.000.000 di euro, le spese a 116.725.000.000, con un saldo positivo di 58.513.000.000 di euro, Veneto 2002 entrate 57.773.000.000, spese 46.523.000.000 con un saldo positivo di 11.250.000.000, Veneto 2007 entrate entrate 67.642.000.000 spese 48.758.000.000, saldo positivo di 18.884.000.000
Abruzzo 2002 entrate 11.918.000.000 di euro, spese 12.563.000.000, saldo negativo di 645 milioni di euro, Abruzzo 2007 entrate 13.833.000.000 spese 14.597.000.000, saldo negativo di 759 milioni di euro.

Ora, atteso che il Nord cresce mentre l’Abruzzo soffre, poiché il residuo fiscale totale è la differenza fra entrate fiscali e spese totali (incluse le spese per interessi sul debito) delle amministrazioni pubbliche per ciascuna area territoriale, guardate queste cifre di stima del residuo fiscale della regione Abruzzo (in milioni di euro):
Eupolis Lombardia -2.152 (se consideriamo il saldo entrate-uscite) -2.833 La Voce (Banca d’Italia media 2004-2006) -1.773, La Voce (media 2013 2015) -2.364, Bordignon e altri -1.812, Studio Arachi -1.000, Fondazione Agnelli (anni ’90) -1.090 Pd-Padova (2014) -2.936 (media 2008 2014) -2.548. Secondo il sito www.rischiocalcolato.it (anno 2009-dati): “Se ogni regione fosse autonoma al 100%, l’Abruzzo avrebbe un deficit in percentuale del Pil del 17,9% e un deficit pro capite di 3707 €, superiore all’attivo della Lombardia =3313 €. Ora, preso atto che le cifre saranno pure variabili, ma il deficit è drammaticamente costante, la spesa sanitaria pro capite per un cittadino abruzzese è di circa 2000 € e il suo contributo non arriva a 200 €.

La copertura della spesa regionale per la sanità, genericamente indicata in 2.700.000.000 di euro, è pressoché totalmente dovuta alla compartecipazione all’Iva, quasi 2 miliardi di euro. Con l’autonomia differenziata, chi gli assicurerà, soprattutto se vive in montagna, il diritto alla salute costituzionalmente sancito?

*Insegnante, viene eletto al Senato della Repubblica nel 1994 nelle file di Rifondazione Comunista e per la XII legislatura fa parte della Commissione Finanze e Tesoro e di quella Agricoltura. Successivamente è per due mandati consigliere regionale in Abruzzo sempre per il PRC.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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