Dolci tipici protagonisti sulla tavola di Natale

Cresce ogni anno la quota di dolci tipici, artigianali o fai-da-te, dagli struffoli napoletani, al certosino bolognese, il marchigiano bostrengo (o fristingo, frustingo, frostengo, La cubaita siciliana e la gubana friulana. Tante le tipicita’ regionali che in comune hanno tra gli ingredenti perlopiu’ frutta secca e miele, spezie e canditi, un trionfo di aromi profumati e di colori caldi. Ormai quasi un italiano su cinque (per la precisione, poco piu’ del 19 per cento) ha deciso di ri-approdare alla tradizione, spesso declinata in versione casalinga, ma sempre piu’ appannaggio di pasticcerie e forni artigiani. A rilevare questa tendenza una indagine condotta da Cna Agroalimentare tra i suoi associati, dalla quale emerge che soprattutto in questi anni di pandemia si sono fatti strada i piatti della tradizione e della memoria, che contribuiscono a “fare l’atmosfera”, a dare un senso di famiglia e a diffondere un clima di affetto, di appartenenza, di identita’. Questo l’atlante delineato da Cna Agroalimentare dei dolci tradizionali che vanno per la maggiore nel periodo festivo tra Natale e Capodanno. Si passa dal valdostano Lou mecoluen (un pane dolce originario di Cogne) ai piemontesi bonet (in italiano cappello, perche’ lo stampo originario ricordava il tricorno) e tronchetto di Natale, di origine precristiana, anche se la versione di oggi al cioccolato non ha nulla a che fare con la ricetta dell’antenato. Dal ligure pandolce, una focaccia lievitata ricca di uva passa e ogni genere di canditi, alla valtellinese bisciola, a base di farina di segale. Dall’altoatesino Zelten, un pane fruttato il cui nome deriva dal tedesco zelte (che significa una volta, appunto perche’ non e’ alimento di tutti i giorni), alle friulane gubana e potiza. Tra i dolci dell’Emilia-Romagna emergono il certosino detto anche pan speziale (la cui ricetta e’ certificata e depositata alla Camera di commercio felsinea) e il panone di Natale, nella sostanza simile al certosino ma piu’ calorico e diffuso soprattutto nelle campagne. Le principali specialita’ toscane quali il panforte, raccomandato gia’ dal padre dei gastronomi italiani Pellegrino Artusi, e i ricciarelli sono da tempo apprezzati anche fuori della regione. Nelle Marche sono diffusi bostrengo e cavallucci di Apiro, al mosto d’uva. In Umbria e’ tempo di panpepato e di torciglione, a base di mandorle; in Abruzzo di parrozzo, versione dolce del pane rozzo al mais, battezzato parrozzo da Gabriele D’Annunzio nel 1920; in Molise dei mostacciuoli, derivati dal mustaceus, l’antica focaccia di nozze romana. La Sardegna e’ terra di papassini, grossi biscotti il cui nome deriva da papassa o pabassa (l’uva sultanina di cui sono ricchi), e di sebadas, ravioli ripieno di formaggio pecorino ricoperti di miele di corbezzolo. Del Lazio e’ tradizionale dolce natalizio il pangiallo, cosi’ chiamato per la glassa che lo ricopre, dal ripieno di ricotta e zafferano. Particolarmente ricca e’ la plurisecolare offerta campana: gli struffoli, i rococo’, i susamielli, le zeppole, i calzoncelli ripieni, comuni anche alla Lucania. Famosi sono i pugliesi pasticciotto e carteddate pugliesi, dalla salsa al vincotto, diffuse queste ultime anche in Lucania e Calabria. Cosi’ come calabresi sono specialita’ quali i fichi chini, fichi secchi ripieni e sovrapposti a due a due per formare una Croce, e i petrali. Per finire trionfalmente in Sicilia tra i ricchissimi buccellati, cannoli e cubaita, in sostanza un croccante a base di frutta secca e miele.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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