Fisco, oltre 4 milioni e mezzo di nuclei familiari con dichiarazione a fini Isee

Nel 2016 sono stati oltre 4 milioni e mezzo i nuclei familiari che hanno presentato una dichiarazione a fini Isee, per un totale di oltre 14 milioni di individui pari al 23,4% della popolazione residente. La crescita è di circa il 6% rispetto all’anno precedente, in recupero rispetto al calo registrato nel 2015 in occasione della riforma. E’ quanto emerge dal rapporto di monitoraggio sull’Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) pubblicato oggi dal ministero del Lavoro relativo al 2016, seconda annualità di implementazione della riforma avviata il primo gennaio 2015. Dal punto di vista territoriale, è il Mezzogiorno l’area in cui si presentano relativamente più dichiarazioni, con quasi una persona su tre coperta da Isee (30,4%), mentre nel Nord ci si colloca su valori prossimi a una su cinque (18,1%) e nel Centro sulla media nazionale (23,3%). Rispetto al passato, però, la distribuzione territoriale è molto più omogenea. L’Isee medio nella popolazione è di circa 11 mila euro, quello mediano (il valore cioè che separa la metà più povera delle famiglie da quella più ricca) molto più basso, circa 7 mila 700 euro. Circa un Isee su dieci è pari a 0. Oltre due su tre degli Isee rilasciati nel Mezzogiorno è inferiore a 10 mila euro, quota che nel Centro-Nord scende a poco più che la metà.

 Ancora maggiori le differenze tra grandi città: a Firenze la mediana è di 11.700 euro, a Catania e Palermo intorno ai 4 mila euro. Molto diverso anche il quadro se osservato per ‘sottopopolazioni’: la media dell’Isee nelle famiglie con minorenni è di poco più di 9,5 mila euro, valore che sale ad oltre 20,6 mila euro nel caso di nuclei con universitari, mentre scende a meno di 8,7 mila euro nel caso nel nucleo vi siano persone con disabilità (in metà dei casi si tratta di anziani). La ‘popolazione Isee’ rappresenta il complesso di nuclei familiari che accede alle diverse prestazioni di welfare per le quali è necessaria la prova dei mezzi. Si tratta cioè di una popolazione che dipende dall’offerta di servizi esistente a livello nazionale e, soprattutto, locale. Si va da servizi rivolti alla generalità della popolazione (nidi d’infanzia, mense scolastiche, diritto allo studio universitario) o a segmenti molto ampi della stessa (bonus bebè) a prestazioni rivolte solo a chi è in condizioni economiche disagiate (sostegno al reddito ai nuclei in povertà) o a chi è in una particolare condizione di bisogno non necessariamente legata alle condizioni economiche (prestazioni socio-sanitarie per persone con disabilità o non autosufficienti). In altri termini, è una popolazione variegata che non può essere confusa né, da un lato, con la popolazione povera o bisognosa, né, dall’altro, con l’intera popolazione residente. E’ piuttosto la complessa rappresentazione del variegato mondo di chi richiede prestazioni sociali, ciascuna col suo ‘grado’ di universalità, che proprio per queste caratteristiche è utile mettere a confronto con il complesso della popolazione residente

In media si tratta di nuclei familiari di 3,1 membri, un po’ più numerosi che nel totale delle famiglie residenti (2,4 membri); in essi sono presenti molto più frequentemente che nel resto della popolazione componenti minorenni (circa metà dei nuclei Isee vs. circa un quarto del totale dei nuclei residenti); nel 90% dei casi vi è almeno un componente di cittadinanza italiana (gli stranieri sono l’8,3% della popolazione residente); i nuclei jobless (cioè in cui nessuno lavora) sono quasi uno su tre, il doppio che nella popolazione complessiva; altrettante sono le famiglie in piena occupazione (cioè in cui tutti coloro in età da lavoro sono occupati), che nel totale della popolazione sono il 40%; tra le famiglie con occupati, in tre casi su quattro si tratta di solo lavoratori alle dipendenze, in uno su dieci di solo lavoratori autonomi; i nuclei Isee vivono in abitazione di proprietà in meno della metà dei casi a fronte dell’80% di proprietari nella popolazione complessiva. Nel report 2016 viene per la prima volta presentato un esercizio di natura ‘longitudinale’, che consiste nel seguire nel tempo le famiglie che avevano presentato l’Isee sia prima che dopo la riforma. In questo modo è possibile stimare in maniera più rigorosa l’effetto ‘emersione’ ottenuto con il nuovo sistema dei controlli implementato in occasione della riforma e che precedentemente era stato commentato con riferimento in particolare al patrimonio mobiliare (conti correnti, titoli, ecc.), osservando il calo delle dichiarazioni a patrimonio nullo (da circa il 70% prima della riforma a meno del 7% nel 2016). Ebbene, selezionando le famiglie con Isee sia prima che dopo la riforma, emerge che nell’Isee di tali nuclei il valore del patrimonio mobiliare dichiarato è cresciuto in media di 7.400 euro e in un caso su 10 di oltre 20 mila euro. 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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