L’Italia conserva il primato di giovani che non studiano ne’ lavorano. In Europa nessuno Paese fa peggio. E’ cosi’ gia’ da tre anni. L’ultimo aggiornamento di Eurostat non fa che confermarlo. E questo nonostante il numero dei cosiddetti Neet, l’acronimo inglese che etichetta il fenomeno, sia un po’ sceso. I dati parlano chiaro: tra i 20 e i 34 anni le persone che sono fuori da ogni percorso di formazione o istruzione e non hanno un’occupazione sono il 28,9%. Alle nostre spalle anche Grecia e Bulgaria. Cambiando la classe d’eta’ il risultano resta lo stesso. Anche considerando, infatti, il complesso degli under 35, a partire dai 15 anni, l’Italia si mantiene in testa alla classifica Ue, con oltre 3 milioni di Neet. Quello che colpisce e’ l’entita’ delle cifre, l’Italia quasi doppia la media europea (16,5%) ed e’ lontanissima dai Paesi con le migliori performance, come Svezia e Olanda. Totalizziamo oltre quattro volte tanto. Il problema tocca soprattutto le donne ed e’ concentrato per oltre la meta’ nelle Regioni del Mezzogiorno. Ma viste le sue proporzioni non stupisce come la patologia possa aggredire chiunque. Lo dimostra l’incrocio tra le statistiche di Eurostat e quelle dell’Istat. Ecco che tra i 3 milioni e 78 mila under35 identificati come Neet ci sono anche 390 mila con laurea e master e 1.446 diplomati. Colpisce il dato dato sui genitori: 728 mila madri e circa 100 mila padri. Insomma non vale il facile accostamento con la famigerata categoria dei ‘bamboccioni’. C’e’ pero’ un ‘fil rouge’ che accomuna gran parte dei Neet. Si potrebbe pensare si tratti di ragazzi, anche se trentenni, che, finiti gli studi, sono ora alla ricerca, disperata, di un impiego. E’ cosi’ in un caso su tre. Il resto, la fetta maggioritaria dei Neet, rientra nell’area grigia dell’inattivita’, termine statistico che indica coloro che sono fuori dal mercato del lavoro. Non hanno un’occupazione e neppure la cercano con una qualche assiduita’. Segno di una sorta di rassegnazione.
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