La bolletta elettrica delle piccole imprese italiane è la più cara d’Europa. A sostenerlo è un rapporto di Confartigianato che analizza squilibri e distorsioni nel mercato energetico a danno della competitività dei piccoli imprenditori. Gli artigiani e i piccoli imprenditori che consumano fino a 20 MWh (vale a dire l’87,8% dei punti di prelievo del mercato elettrico non domestico) pagano il prezzo più alto dell’elettricità nell’Ue, superiore del 18,1% rispetto alla media dei loro colleghi dei Paesi dell’Eurozona. Un gap che si mantiene costante da anni: dal 2008 al 2020 il maggiore costo dell’elettricità pagato dalle piccole italiane rispetto all’Ue si attesta su una media del 25,5%. Il caro-energia riguarda più in generale la fascia di consumi fino a 500 MWh che comprende tutte le micro e piccole imprese italiane (pari al 99,4% dei punti di prelievo e al 40,4% dei consumi elettrici non domestici) e vede l’Italia al secondo posto in Europa, dopo la Germania, per il prezzo più alto dell’elettricità, con un maggiore costo del 9,3% rispetto alla media Ue.A gonfiare il prezzo finale dell’energia per le nostre piccole imprese sono soprattutto gli oneri fiscali e parafiscali che, per la fascia di consumi fino a 20MWh, sono maggiori del 36,2% rispetto a quelli applicati nella media dei Paesi dell’Eurozona
Più tasse, quindi, ma, secondo Confartigianato, anche mal distribuite tra i diversi consumatori: ancora una volta le più penalizzate sono le piccole imprese in bassa tensione che, a fronte di una quota di consumi energetici del 24,5%, sono costrette a pagare il 33,2% della componente degli oneri generali di sistema nella bolletta elettrica. Mentre per le grandi aziende energivore con il 14,7% dei consumi la quota degli oneri generali di sistema scende al 9,2%