Il Consiglio Nazionale dei Giovani ha presentato a Catania, nell’ambito degli Stati Generali delle Politiche Giovanili, i risultati dell’indagine nazionale sulla creator economy, realizzata con il supporto scientifico di Eures – Ricerche Economiche e Sociali. Una fotografia inedita e approfondita di un settore in continua espansione, ma ancora privo di riconoscimento giuridico e di adeguate tutele per i giovani lavoratori.
Con oltre 51.000 posti di lavoro generati (18.000 diretti e 33.000 indiretti, tra agenzie, brand partner, consulenti, videomaker e professionisti della comunicazione) e 42 milioni di utenti attivi sui social in Italia, la creator economy si è affermata come uno dei nuovi motori del mercato pubblicitario, superando TV e stampa per volumi di investimento. Nel 2024, infatti, gli investimenti online hanno raggiunto i 4,2 miliardi di euro, consolidando il primato sulla spesa destinata al mercato televisivo (3,9 miliardi).
Tuttavia, il lavoro che la sostiene resta invisibile: oltre il 60% dei contenuti pubblicati non è retribuito e solo un creator su cinque considera questa attività come una carriera stabile nel tempo. Quasi l’80% dei giovani creator under 35 entra in questo mondo spinto dalla passione, più che da aspettative economiche. Condividere esperienze, idee e competenze è la molla che spinge la maggior parte dei content creator ad affacciarsi al mondo digitale. Il principale driver motivazionale è infatti il desiderio di trasmettere conoscenze (punteggio medio pari a 8,8/10), seguito dalla passione per la creazione di contenuti (8,7). Solo una minoranza monetizza tutti i contenuti prodotti (5,9%) o la maggior parte di essi (15,4%), a conferma di un settore in crescita ma ancora fragile sotto il profilo della sostenibilità economica.
Le piattaforme non sono più meri spazi digitali, ma attori centrali che condizionano la produzione dei contenuti e l’organizzazione del lavoro, spesso in modo unilaterale e senza contraddittorio.
Il 76% dei creator che ha subito un ban lo ritiene ingiustificato o inspiegabile, e oltre la metà non ha accesso a interlocutori diretti per gestire controversie. Solo il 6,7% di chi ha tentato di accedere al credito ci è riuscito. Una situazione che alimenta precarietà e incertezza, nonostante l’impegno quotidiano e le competenze richieste.
L’82% dei creator chiede una rappresentanza collettiva per ottenere tutele giuridiche, chiarezza contrattuale e sostenibilità della propria attività.