Nel 2022, in Italia la spesa sanitaria pubblica è di gran lunga inferiore rispetto a quella di altri paesi europei. La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia ammonta a 130,386 miliardi di euro (6,7 per cento del Pil), 2.212 euro annui per abitante. A parità di potere di acquisto, a fronte di 3.526 dollari per abitante spesi in Italia nel 2022, la Cechia ne spende circa 3.947; la Finlandia si attesta intorno ai 4.661 dollari per abitante; Belgio, Irlanda, Danimarca e Francia superano i 5 mila dollari per abitante; Austria e Lussemburgo sfiorano i 6 mila dollari per abitante; Paesi Bassi e Svezia superano di poco i 6 mila dollari di spesa, mentre la Germania, con i suoi 7.403 dollari per abitante, si conferma al primo posto in Europa per spesa pro capite. Il confronto europeo evidenzia che, in Italia, nel 2023, la quota di spesa sanitaria privata sulla spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) è pari al 26,0 per cento. L’Italia si colloca al quinto posto tra i paesi UE per contributo delle famiglie alla spesa sanitaria privata. I paesi in cui i contributi della spesa privata sono maggiori sono Grecia e Portogallo (38,3 per cento), Ungheria (28,5 per cento) e Slovenia (26,2 per cento); tutti gli altri paesi dell’UE registrano contributi minori. Nel 2022, in Italia l’assistenza ospedaliera si è avvalsa di 996 istituti di cura pubblici e privati accreditati con il Servizio sanitario nazionale (SSN). I posti letto ospedalieri sono pari a 3,0 per mille abitanti. Si conferma un divario tra le aree geografiche del Paese: il Mezzogiorno con 2,7 posti letto ogni mille abitanti, Nord-ovest e Nord-est con 3,2 posti letto per mille abitanti. I valori più bassi si registrano in Campania e Calabria (rispettivamente 2,5 e 2,6). I valori più alti si osservano nella Provincia autonoma di Trento (3,6) e in Emilia-Romagna (3,5). L’Italia è tra i paesi dell’UE con i livelli più bassi di posti letto per mille abitanti. L’attività ospedaliera ancora non raggiunge i livelli di ospedalizzazione registrati nel 2019, anno prepandemico. I ricoveri ospedalieri per 100 mila abitanti in regime ordinario, per le malattie del sistema circolatorio (1.640,8 per 100 mila abitanti) risultano ancora inferiori rispetto al 2019, anno pandemico; quelli per tumori (1.083,9 per 100 mila abitanti), anch’essi inferiori, seppure in misura minore. Nel 2023, rispetto all’anno precedente, si assiste a un progressivo incremento dell’emigrazione ospedaliera tra regioni, dopo la forte riduzione registrata nel 2020; i valori risultano inferiori ai livelli prepandemici solo nel Lazio, in Sicilia e in Abruzzo. Le regioni che risultano più attrattive, ossia con un’immigrazione ospedaliera di entità maggiore dell’emigrazione ospedaliera, sono principalmente nel Centro-nord. Si confermano quote più elevate di flussi in uscita principalmente nelle regioni del Centro-sud. Nel 2022 il tasso di mortalità evitabile (i decessi sotto i 75 anni che potrebbero essere evitati con un’assistenza sanitaria adeguata e stili di vita più salutari) è di 17,6 decessi per 10 mila abitanti. La mortalità evitabile è costituita da due componenti: la mortalità trattabile, cioè la mortalità che potrebbe essere contenuta grazie a una tempestiva prevenzione secondaria e a trattamenti sanitari adeguati (il cui tasso è pari a 6,3 decessi per 10 mila abitanti), e la mortalità prevenibile, che può essere evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica (11,3 decessi per 10 mila abitanti). Entrambe le componenti sono diminuite, rispetto al 2021. I maschi hanno un tasso di mortalità evitabile più alto delle femmine (rispettivamente 23,2 e 12,5 per 10 mila abitanti). In particolare, lo svantaggio maschile è principalmente dovuto alla componente “prevenibile”, ossia quella maggiormente legata agli stili di vita (abuso di alcol, maggiore propensione a fumare, non adeguata alimentazione, eccetera) e ai comportamenti più a rischio (eventi accidentali, attività lavorativa, eccetera).
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