Cgia, con la crisi nel 2021 previsto un boom del lavoro nero in Italia

 A seguito della crisi economica in corso, l’esercito dei lavoratori in nero presente in Italia e’ in forte espansione. Lo sostiene l’Ufficio studi della Cgia che ricorda in una nota che la crisi avrebbe provocato finora “una perdita di circa 450 mila posti di lavoro”. Nelle ultime settimane, a tanti di questi disoccupati “si sono aggiunti molti addetti del settore alberghiero e della ristorazione e altrettante finte parrucchiere ed estetiste che quotidianamente si recano nelle case degli italiani ad esercitare irregolarmente i servizi e le prestazioni piu’ disparate”. Un numero di invisibili difficilmente quantificabile, per l’istituto, anche se secondo gli ultimi dati stimati qualche anno fa dall’Istat, quindi ben prima dell’avvento del Covid-19, “i lavoratori in nero presenti in Italia erano molti: circa 3,2 milioni”.

A livello territoriale, segnala l’Ufficio studi, sono le regioni del Mezzogiorno ad essere maggiormente interessate dall’abusivismo e dal lavoro nero. Secondo l’ultima stima redatta dell’Istat e relativa al 2018, in Calabria il tasso di irregolarità è pari al 22,1 per cento (136.200 irregolari), in Campania al 19,4 per cento (362.500 lavoratori in nero), in Sicilia al 18,7 per cento (283.700), in Puglia al 16,1 per cento (222.700) e in Sardegna del 15,7 per cento (95.500). La media nazionale è pari al 12,9 per cento. Le situazioni più virtuose, come sottolineavamo più sopra, si registrano nel Nordest. Se in Emilia Romagna il tasso di irregolarità è al 9,8 per cento (211.700 irregolari), in Valle d’Aosta è al 9,6 per cento (5.900), in Veneto al 9 per cento (207.300) e nella Provincia autonoma di Bolzano si attesta all’8,9 per cento (27.000). Come affermavamo più sopra, l’attività in nero di queste 3,2 milioni di persone genera un valore aggiunto pari a 77,8 miliardi di euro all’anno, di cui 26,7 miliardi sono prodotti nel Sud, 19,8 nel Nordovest, 17 nel Centro e 14,3 nel Nordest. A livello regionale in termini assoluti il Pil in “nero” più importante lo riscontriamo in Lombardia (12,6 miliardi), seguono il Lazio (9,4 miliardi), la Campania (8,3 miliardi) e la Sicilia (6,2 miliardi)”.

Nei prossimi mesi, sostiene la Cgia, la situazione e’ destinata a peggiorare. “Con lo sblocco dei licenziamenti previsti dapprima a fine giugno, per coloro che lavorano nelle Pmi e nelle grandi imprese, e successivamente in autunno, per quelli che sono occupati nelle micro e piccolissime aziende, c’e’ il pericolo che il numero dei senza lavoro aumenti in misura importante. Stiamo parlando di quelle persone che non riuscendo a trovare una nuova occupazione saranno costrette a optare per un lavoro irregolare o si improvviseranno come abusivi per integrare le magre entrate familiari”.

Altrettanto diffusa sul territorio, sostiene la Cgia, e’ “l’attivita’ svolta da finti parrucchieri, estetisti e massaggiatori abusivi che a seguito delle chiusure di queste attivita’, causa Covid, stanno imperversando, soprattutto in questa settimana di Pasqua, recandosi nelle abitazioni dei/delle clienti per il taglio, la messa in piega, il massaggio ayurvedico, la depilazione o la pulizia del viso”. Per la Cgia la decisione del governo Draghi di chiudere in zona rossa il settore benessere e’ “immotivata”. Anche perche’, viene spiegato, “le attivita’ di acconciatura e di estetica dal maggio dell’anno scorso hanno applicato con la massima diligenza le linee guida dettate dalle autorita’ sanitarie e dal Governo precedente, intensificando le gia’ rigide misure previste dal settore sul piano igienico-sanitario e si sono riorganizzate per garantire la massima tutela della salute degli imprenditori, dei loro collaboratori e dei clienti. Lavorando su prenotazione e avendo investito notevolmente in prevenzione”, prosegue la nota, “non risulta che in nessuna parte del Paese si siano verificati dei focolai di contagio presso queste attivita’ tale da giustificare la decisione di chiudere tutto”

“Ad “ammortizzare” una parte dei posti di lavoro persi a causa dell’emergenza sanitaria ci sta pensando l’economia sommersa” rileva la Cgia ricordando che “gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia ci sono oltre 3,2 milioni di occupati in nero, il tasso di irregolarità1 è del 12,9 per cento e tutte queste persone producono un valore aggiunto in nero di 77,8 miliardi di euro”. “Il dilagare del lavoro irregolare non comporta un danno solo alle casse dell’erario e dell’Inps, ma anche alle tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigianali e quelle commerciali che, spesso, subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero, infatti, non essendo sottoposti al prelievo previdenziale, a quello assicurativo e a quello fiscale consentono alle imprese dove prestano servizio – o a loro stessi, se operano sul mercato come falsi lavoratori autonomi – di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e, conseguentemente, di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio molto contenuto. Condizioni, ovviamente, che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non è in grado di offrire. Inoltre, non vanno nemmeno sottovalutate le condizioni lavorative a cui sono sottoposti gli irregolari: spesso a queste persone vengono negate le più elementari tutele previste dalla legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e in queste condizioni, gli incidenti e le malattie professionali rischiano di essere molto frequenti”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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