Cgia, lo Stato deve ai fornitori 46 miliardi nel 2016

I fornitori avanzano dallo Stato fino a 46 miliardi di euro per prestazioni nel 2016. Lo afferma la Cgia di Mestre in una sua rilevazione. Secondo un’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia, tra gli acquisti di beni e servizi e gli investimenti fissi lordi, nel 2016 la Pubblica amministrazione (Pa) italiana ha fatturato ai propri fornitori e alle imprese appaltatrici 160 miliardi di euro. In totale assenza di dati ufficiali, gli artigiani mestrini stimano che di quest’ultimo importo, una “fetta” che oscilla tra un valore minimo di 32 fino a un massimo di 46 miliardi non sono stati saldati a causa dei ritardi dei pagamenti e delle prassi inique praticate dai committenti pubblici ai propri fornitori. 

L’importo, secondo la Cgia, e’ stato calcolato suddividendo in via puramente teorica i 160 miliardi di euro nell’arco dell’anno e “pesandoli” su 12 mensilita’ nel caso delle Pa che pagano a 30 giorni e in 6 mensilita’ per quelle che invece saldano a 60 giorni (come la sanita’), si ottiene la cifra di 19 miliardi di debiti fisiologici che non vengono onorati nell’arco dell’anno perche’ non sono ancora scaduti i termini di pagamento previsti dalla legge. In realta’, lo stock da onorare e’ molto superiore. Secondo l’Istat l’importo – riferito solo ai debiti di parte corrente che l’istituto ha notificato alla Commissione europea per l’anno 2016 – e’ di 51 miliardi di euro; la Banca d’Italia, invece, stima un importo pari a 65 miliardi di euro (anno 2015). Di conseguenza, l’ammontare dei debiti per i ritardi di pagamento che la Pa dovrebbe saldare oscilla – secondo la stima della Cgia di mestre – tra un valore minimo di 32 miliardi (dato dalla differenza tra 51 e 19) e un valore massimo di 46 miliardi (importo risultante dalla differenza tra 65 e 19). Le principali cause che hanno dato origine a questo che la Cgiadefinisce un ”malcostume tutto italiano” sono le seguenti: la mancanza di liquidita’ del committente pubblico; i ritardi intenzionali; l’inefficienza di molte amministrazioni a emettere in tempi ragionevolmente brevi i certificati di pagamento e le contestazioni. Inoltre con lo split payment la situazione e’ peggiorata Dall’inizio del 2015 ha fatto il suo “debutto” lo split payment. Questa novita’ obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (e dal prossimo primo luglio anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario. L’obbiettivo di questa misura e’ stato quello di contrastare l’evasione fiscale, ovvero, evitare che una volta incassata dal committente pubblico, l’azienda fornitrice non la versi al fisco. Il meccanismo, sicuramente efficace nell’impedire che l’imprenditore disonesto non versi l’Iva all’erario, ha pero’ provocato molti problemi finanziari a tutti coloro che con l’evasione, invece, nulla hanno a che fare. Vale a dire la quasi totalita’ delle imprese. “I debiti della Pa hanno ormai assunto una dimensione surreale – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – da due anni, infatti, le imprese che lavorano per l’Amministrazione pubblica hanno l’obbligo di emettere la fattura elettronica, altrimenti non possono essere liquidate. Nella fase di ingresso, questo documento informatico transita in una piattaforma controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che lo smista all’ente o alla struttura pubblica a cui e’ indirizzata che, a sua volta, verifica se il pagamento e’ certo, liquido ed esigibile. Una volta che il destinatario della fattura da’ l’ok, il saldo dovrebbe transitare per la piattaforma, consentendo al dicastero dell’economia di monitorare in tempo reale i tempi di pagamento e l’ammontare delle uscite. Dopo 2 anni, invece, lo Stato non conosce ancora a quanto ammonta complessivamente il debito contratto con i propri fornitori, per il semplice fatto che una buona parte dei committenti pubblici, in particolar modo quelli periferici, effettuano i pagamenti senza transitare per la piattaforma e con scadenze ben oltre quelle stabilite per legge. Una vicenda che ha dell’incredibile”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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