Sono oltre 5.800.000 gli occupati sovraistruiti presenti in Italia. A dirlo e’ l’Ufficio studi della Cgia. Ci riferiamo ai diplomati e ai laureati che svolgono una professione per la quale il titolo di studio maggiormente richiesto e’ inferiore a quello posseduto. Nel 2019 erano poco meno del 25 per cento del totale degli occupati e la loro incidenza e’ in costante aumento: negli ultimi 10 anni, infatti, i dati assoluti dei sovraistruiti in Italia sono cresciuti di quasi il 30 per cento. Se, inoltre, calcoliamo la percentuale solo sugli occupati che possiedono un diploma di scuola media superiore o una laurea, l’anno scorso l’incidenza degli sovraistruiti e’ salita al 40 per cento.
Per combattere la sovraistruzione, fanno sapere dalla Cgia, bisogna assolutamente ridurre lo scollamento tra domanda e offerta di lavoro, cercando di far collimare sempre piu’ le esigenze aziendali con le specificita’ e l’autonomia del mondo della scuola. Sebbene nel nostro Paese il problema della sovraistruzione sia in costante ascesa, paradossalmente continuiamo ad essere tra i meno scolarizzati d’Europa.
Secondo la Cgia, il ruolo delle Pmi permetterebbe di arginare la diffusione del fenomeno. Sebbene non ci siano dati che ci consentono di misurare con puntualita’ il livello di sovraistruzione per dimensioni di impresa, l’esperienza quotidiana ci insegna che il ruolo delle maestranze presenti nelle piccole imprese e’ centrale rispetto a coloro che lavorano nelle aziende di maggiori dimensioni. Nelle Pmi, infatti, oltre a disporre delle conoscenze formali apprese durante l’esperienza scolastica, prevalentemente di natura tecnico/professionale, i dipendenti, grazie alle mansioni “allargate” che praticano in queste piccole realta’ produttive, dispongono di conoscenze operative ed esperenziali piu’ estese e complesse di coloro che, invece, esercitano la propria attivita’ lavorativa in maniera definita e in ambiti molto ristretti. Cosi’ come spesso succede per chi e’ impiegato in una impresa di grandi dimensioni.
A livello territoriale la regione piu’ “investita” dal fenomeno e’ l’Umbria che l’anno scorso registrava il 33 per cento dei sovraistruiti sul totale degli occupati. Seguono l’Abruzzo (30,3 per cento), la Basilicata (29,4 per cento), il Molise (27,8 per cento) e il Lazio (27,2 per cento). In coda alla graduatoria scorgiamo il Piemonte (22,2 per cento), la Lombardia (21,7 per cento) e il Trentino Alto Adige (19,3 per cento). Negli ultimi 10 anni la crescita piu’ sostenuta del numero degli occupati sovraistruiti l’ha avuta il Trentino Alto Adige (+57 per cento), seguono la Sardegna (+46 per cento), e la Puglia (+45 per cento). Tra i laureati che svolgono un lavoro per il quale il titolo di studio piu’ richiesto e’ inferiore a quello posseduto le professioni piu’ diffuse sono quelle di tecnico informatico, contabile, personale di segreteria, impiegato amministrativo. Tra i diplomati, invece, prevalgono i lavori di barista, cameriere, muratore e camionista.
Sebbene negli ultimi anni ci sia stata una contrazione del fenomeno, un elevato numero di giovani continua a lasciare prematuramente la scuola, anche dell’obbligo, concorrendo ad aumentare la disoccupazione giovanile, il rischio poverta’ ed esclusione sociale. Nel 2019 l’abbandono scolastico e’ stato del 13,5 per cento (per un totale di 561 mila giovani). Una persona che non ha un livello minimo di istruzione, infatti, e’ in genere destinata per tutta la vita ad un lavoro dequalificato, spesso precario e con un livello retributivo molto basso, rispetto a quello cui potrebbe aspirare, almeno potenzialmente, se possedesse un titolo di studio medio-alto. Le cause che determinano l’abbandono scolastico sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con uno scarso livello di istruzione hanno maggiori probabilita’ di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi. C’e’ anche un fattore di genere: ad abbandonare precocemente la scuola sono piu’ i maschi che le femmine.
Nonostante la disoccupazione giovanile sia alta, il livello di istruzione ancora ben al di sotto degli standard europei e l’abbandono scolastico rimanga sostenuto, anche nel pieno della fase Covid le imprese hanno faticato a trovare personale. Sebbene sia un mese molto particolare, stando alla periodica indagine condotta su un campione significativo di imprese da Unioncamere e Anpal, il 30 per cento circa delle 200 mila assunzioni previste ad agosto e’ stato di difficile reperimento, con punte del 39,6 per cento in Friuli Venezia Giulia, del 38,1 per cento in Umbria, del 37,6 in Veneto e del 37,5 in Trentino Alto Adige. Tra le professioni non facili da coprire segnaliamo i meccanici artigiani, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (53,5 per cento), artigiani e operai specializzati nelle rifiniture delle costruzioni (43,1 per cento) e gli autisti di bus e mezzi pesanti (42,5 per cento).