L’Italia si colloca al penultimo posto nell’UE per gli Investimenti Diretti Esteri

L’Italia si colloca al penultimo posto nell’Unione Europea per gli Investimenti Diretti Esteri (Ide). Nel 2018, infatti, questi ultimi ammontavano al 20,5% del pil, pari a 361,1 miliardi di euro (contro 21,7% nel 2017). Tra i paesi dell’Ue monitorati dall’Ocse, solo la Grecia registra un risultato peggiore del nostro. E’ quanto emerge da un’analisi effettuata dalla CGIA di Mestre evidenziando che l’Italia non è un Paese attrattivo per gli investitori stranieri. “Purtroppo, le tante problematiche a cui sono sottoposti quotidianamente i nostri imprenditori hanno innalzato nel tempo una ipotetica barriera d’ingresso che ‘dirotta’ altrove gli interessi degli investitori esteri”, sottolinea la CGIA. “D’altronde, con tante tasse, una burocrazia asfissiante, poca certezza del diritto, una giustizia civile lenta e poco efficiente, tempi di pagamento della nostra Pubblica Amministrazione tra i più elevati d’Europa e un deficit infrastrutturale spaventoso, non c’è da meravigliarsi se l’Italia si colloca al penultimo posto nell’Unione Europea per gli Investimenti Diretti Esteri”, aggiunge la CGIA. “Premesso che, ad esempio, ArcelorMittal, Embraco, Whirlpool e molte altre multinazionali non sono certo delle onlus, ma delle realtà fortemente determinate a perseguire i propri interessi spesso in barba agli accordi preventivamente sottoscritti con le parti sociali, è altrettanto evidente che le responsabilità di un loro possibile addio vanno ricercate anche in un clima generale di avversione nei confronti delle aziende presenti nel nostro Paese”, sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo. 

Secondo gli ultimi dati Istat disponibili (anno 2017), le multinazionali, ovvero le imprese a controllo estero residenti in Italia, sfiorano le 15.000 unità, danno lavoro a poco più di 1.350.000 addetti e producono 572,3 miliardi di euro di fatturato all’anno. Dei 372,1 miliardi di euro di Ide presenti nel nostro paese nel 2017, il 27,8 per cento circa (pari a 103,4 miliardi di euro) ha interessato il settore manifatturiero (in particolar modo alimentari/bevande, autoveicoli, metalli e prodotti di metallo, etc.). Seguono la attività professionali, scientifiche e tecniche, in parte ascrivibili a consulenze aziendali di vario tipo, che incidono per il 21,4% (79,5 miliardi di euro) e il commercio e l’autoriparazione con il 10,8% (40 miliardi di euro). Gli ambiti dove la presenza pubblica è più significativa sono anche quelli dove si registrano i livelli più bassi di investimenti diretti esteri. E’ il caso del settore artistico con 742 milioni, di quello riferito all’acqua, reti fognarie e rifiuti con 401 milioni e nella sanità/assistenza sociale con 110 milioni di euro

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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