Referendum, l’analisi di Pagnoncelli

“Il 40,05% di Sì al referendum non sono voti di Matteo Renzi e nemmeno del Pd. Quindi non è da lì che il premier può ripartire come sostengono diversi esponenti della maggioranza”. Lo sostiene il sondaggista Nando Pagnoncelli di Ipsos in una intervista a Il Fatto Quotidiano nella quale sostiene che al S’ sono arrivati l’80,6% dei voti del Pd alle Europee; il 48,7% di quelli di Ncd-Udc; il 23,8% di quelli di Forza Italia; il 16,4% di quelli di sinistra; il 10,9% degli elettori della Lega, il 10,4% di Fdi e il 9,9% pure dal M5S e “per questo dire che quel 40% è l’embrione del partito di Renzi o del partito della nazione è una semplificazione che non sta né in cielo né in terra. Tra quegli elettori c’è dentro un po’ di tutto e molti di loro, in caso di elezioni politiche, non starebbero mai dalla parte di Renzi. Quel 40% non è paragonabile alla cifra ottenuta dal Pd alle Europee del 2014. Un referendum viaggia su binari completamente diversi”, “la loro è una semplificazione dovuta anche al linguaggio imposto dai social media, che oltretutto non tiene conto dello scenario tripolare: ormai sempre più spesso assistiamo a due alleati estemporanei che si coalizzano contro un terzo. Lo abbiamo visto in questo referendum, ma anche a Torino con la Appendino”. Quindi, aggiunge, Renzi può ripartire “dai voti del Pd, che al momento stanno intorno al 30%, ma nemmeno tutti. Come non può contare nemmeno sui voti totali degli alleati. A farlo sperare potrebbe essere il grado di fiducia degli italiani nei suoi confronti, il 36%, dietro solo a Sergio Mattarella col 61. Ma anche qui non confondiamo: il grado di fiducia non è traducibile in voti nell’urna in caso di elezioni”. E’ stato un voto contro la riforma o contro Renzi? “Alla vigilia del referendum, secondo un nostro sondaggio, solo il 14% degli italiani dichiarava di conoscere in dettaglio la riforma costituzionale, mentre il 50% diceva di conoscerla a grandi linee. Perciò la politicizzazione e la personalizzazione del voto sono stati elementi decisivi”. Sostiene inoltre che hanno votato contro Renzi il Sud e i giovani: “Tutti i ceti più esposti alla crisi: anche disoccupati, partite Iva, precari e piccoli imprenditori. La mancata crescita e l’emergenza immigrazione hanno fatto il resto”. 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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