Superbonus, tiene il deficit

I numeri record del Superbonus continuano ad agitare imprese e partiti, ma almeno quelli del deficit del 2023 dovrebbero rimanere contenuti. La parola finale spetta all’Istat, che domani pubblicherà i nuovi dati sui conti pubblici del 2022, incorporando l’impatto dei bonus edilizi, fra cui spicca il macigno del Superbonus al 110%. Il peso dovrebbe però quasi tutto essere concentrato sul 2022, facendo schizzare il 5,6% atteso dalla Nadef, ma lasciando contenuti gli effetti sul 4,5% previsto dal governo per quest’anno.

Prudenza e cautela sono d’obbligo, perché i calcoli dell’Istat non sono noti a nessuno fino alla loro pubblicazione ufficiale, ma fonti del Mef ricordano che il deficit 2023 parte già da un dato fondamentale per i conti: il Superbonus e le sue costose – per lo Stato – cessioni dei crediti sono state bloccate con il decreto del 16 febbraio, un argine considerato necessario dal governo per non mandare all’aria i conti pubblici. In totale i bonus – di cui il 110% è la fetta principale – sono costati oltre 120 miliardi secondo le ultime stime, destinate a cambiare probabilmente al rialzo visto che ancora non sono disponibili le operazioni autorizzate dall’Agenzia delle Entrate entro il 16 novembre scorso, quando sull’agevolazione cadde la prima scure che la portò da 110% a 90%. A schiarire le nubi sul deficit 2023 intervengono anche altri fattori positivi. I prezzi energetici continuano a scendere e molto probabilmente si alleggerirà la spesa per sostenere famiglie e imprese. E tutto lascia pensare che il Pil sarà ben più alto dello 0,6% della Nadef, forse sfiorando l’1%.

L’agenzia Moody’s già rivede al rialzo le sue stime di crescita per l’Italia, che da negative (-1,4%) diventano positive (+0,3%), proprio grazie al calo dei prezzi dell’energia e ai minori rischi di carenze energetiche. Il nuovo dato dell’Istat, che insieme ad Eurostat ha deciso il metodo di calcolo dei bonus (concentrati nell’anno di attivazione dello sconto o spalmati negli anni), è fondamentale anche per definire i prossimi passi sulle modifiche al decreto del 16 febbraio. Modifiche che dovrà fare il Parlamento, dopo che il Mef gli assegnerà le risorse da spendere. Tutte legate agli spazi che si libereranno sul deficit 2023. Dopo che l’Istat farà chiarezza sui conti, ci sarà quindi anche la nuova convocazione del tavolo tecnico al Mef, che ha già riunito una volta governo, categorie e banche sul nodo dei crediti incagliati. Nel frattempo si studiano le ipotesi sul tavolo: dall’utilizzo degli F24 a compensazione dei crediti, estendendolo anche ai correntisti oltre che alle imprese, all’intervento di altri acquirenti, come chiedono a gran voce le categorie che vorrebbero un intervento delle partecipate.

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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