La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Pescara ha scoperto una presunta emissione di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, illecita somministrazione di manodopera, truffa ai danni dello Stato per indebita percezione di contributi pubblici legati all’emergenza da COVID-19, intestazione fraudolenta di valori, autoriciclaggio, riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti. L’attività illecita sarebbe stata realizzata da una famiglia imprenditoriale pescarese con la collaborazione di un commercialista avente studio nel chietino, attuando un vero e proprio sistema di pianificazione fiscale attraverso il quale le compagini societarie dotate di effettiva consistenza aziendale (c.d. “good company”) avrebbero utilizzato le fatture emesse da società cartiere prive sia di struttura logistico-amministrativa che di consistenza patrimoniale/finanziaria (cooperative di manodopera ed Srls che fungevano unicamente da “serbatoi” di forza lavoro), così da giungere al punto di pareggio in cui costi e ricavi di un’azienda sono equivalenti (break even point), con lo scopo di ridurre artificiosamente il carico impositivo.
Secondo gli investigatori sarebbero stati instaurati rapporti di lavoro da parte di società che, rimanendo in attività per un breve periodo di tempo, avrebbero assunto in blocco i medesimi dipendenti, essendo di fatto amministrate dal dominus dell’associazione per delinquere e avrebbero mantenuto rapporti di committenza con controparti commerciali sempre riferibili al medesimo sodalizio criminale. In questo modo le società che hanno utilizzato le fatture per operazioni inesistenti avrebbero potuto ridurre al minimo il loro carico fiscale, così sottraendosi al pagamento delle imposte e addirittura riuscendo a rientrare anche nei parametri richiesti dalla normativa emergenziale per la pandemia da COVID-19 per ottenere i contributi a fondo perduto stanziati con il fine di aiutare le imprese in difficoltà. Al fine di rendere più difficoltosa l’individuazione dei proventi illeciti del sistema fraudolento, il sodalizio avrebbe utilizzato anche conti correnti in Germania, Olanda, Lituania e Regno Unito, individuati mediante l’attivazione di Ordini Europei d’Indagine. I profitti illeciti generati ammonterebbero ad oltre 12 milioni di euro, per lo più reinvestiti in beni immobili intestati a ONLUS fittizie, le quali avevano come unico scopo quello di occultare l’ingente patrimonio illecitamente