Sulle spiagge europee oltre 11mila tonnellate di rifiuti della pesca

Oltre 11mila tonnellate ogni anno recuperate soltanto lungo le coste: circa un terzo dei rifiuti in plastica rinvenuti sulle spiagge europee è rappresentato da attrezzi provenienti da attività di pesca e acquacoltura, persi o abbandonati che contribuiscono in maniera sempre più rilevante all’emergenza del marine litter. E in Italia non va meglio: negli ultimi sei anni Legambiente ha monitorato nel corso dell’indagine Beach litter oltre 10mila retine per la coltivazione dei militi, una media di 31 pezzi ogni 100 metri di arenile, con punte di presenza in alcune spiagge di oltre il 70% dei rifiuti complessivi. E, purtroppo, quello presente sui nostri litorali è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più ampio, come testimoniano anche i numeri dei diversi progetti sperimentali di Fishing for litter realizzati negli ultimi anni, tra cui quello realizzato da Legambiente a Porto Garibaldi (Fe): l’80% dei rifiuti “pescati” in sei mesi è rappresentato da calze in plastica. Progetti che ora potrebbero trovare finalmente applicazione nella legge “SalvaMare” che attende il via libera dal Senato. E se da un lato il settore della pesca e dell’acquacoltura sono responsabili di questo fenomeno, dall’altro subiscono, a loro volta, l’impatto dai rifiuti dispersi nell’ambiente marino. I dati sono stati diffusi da Legambiente.

Numeri, dati e analisi che sono state al centro del convegno Marine litter e blue economy, impatti e soluzioni dal mondo della pesca e dell’acquacoltura che si è svolto questa mattina nell’ambito della 23a edizione di Ecomondo, in corso alla Fiera di Rimini. Un momento di confronto e discussione, con l’obiettivo di fare il punto della situazione e confrontarsi sulle proposte e sulle politiche da attuare, organizzato da Legambiente e promosso dal Comitato Tecnico Scientifico Ecomondo con Associazione Mediterranea Acquacoltori, Bluemed, Corepla, Enea, IPPR e Clean Sea Life.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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