Omicidio di Vasto, condannato a 30 anni Di Lello

Trent’anni di reclusione per omicidio volontario premeditato, piu’ tre anni di liberta’ vigilata alla fine della pena detentiva e condanna all’ interdizione perpetua dai pubblici uffici. Questa la sentenza del processo in corte d’Assise, per Fabio Di Lello, il 34enne di Vasto che il primo febbraio scorso sparo’ tre colpi con una pistola calibro 9 contro Italo D’Elisa, 21 anni, conducente dell’auto che esattamente sette mesi prima, il primo luglio 2016, aveva investito lo scooter di sua moglie, Roberta Smargiassi. La giovane si schianto’ contro il semaforo, cadde sull’asfalto e mori’ poco dopo in ospedale. Nel corso dell’ultima udienza, il 20 marzo, il procuratore di Vasto, Giampiero Di Florio, e il sostituto, Gabriella De Lucia, avevano chiesto l’ergastolo per Di Lello. La condanna a 30 anni e’ effetto dello sconto di pena previsto dal giudizio abbreviato. I giudici hanno quindi riconosciuto la premeditazione nel delitto avvenuto davanti a un bar a Vasto. D’Elisa nel dicembre 2016 era stato rinviato a giudizio per omicidio stradale, l’udienza era gia’ fissata il 21 febbraio.

“Il processo lo iniziamo ora. Leggeremo le motivazioni della sentenza che sara’ depositata fra 90 giorni e faremo appello con la stessa strategia. Non commentiamo mai le sentenze, ma le impugniamo” dicono gli avvocati difensori di Di Lello, Pierpaolo Andreoni e Giovanni Cerella. “Alla lettura del dispositivo Fabio ci ha abbracciati e si e’ sfogato con un pianto liberatorio. Forse ha capito la portata del suo gesto e in pochi secondi ha rivissuto sette mesi di dolore, iniziati con la morte della moglie Roberta. E’ un ragazzo di 34 anni incensurato che per la prima volta ha visto un’aula di tribunale e nel modo piu’ pesante”. Nella sua dichiarazione spontanea alla Corte, nell’udienza del 20 marzo, Di Lello si era detto “pentito e dispiaciuto”. La Corte ha stabilito anche una provvisionale di 40 mila euro ciascuno a favore delle parti civili, i genitori e il fratello di Italo D’Elisa. I loro avvocati, Pompeo Del Re e Gianrico Ranaldi, subito dopo la lettura della sentenza hanno commentato: “Continuiamo ad avere fiducia nelle istituzioni, perche’ in uno Stato di diritto e’ importante che la giustizia la faccia un tribunale e non che si possa fare da se’. Questo ha sempre pensato la famiglia D’Elisa e questo emerge anche dal dispositivo letto. Riteniamo che questa sentenza riconosca gli elementi di imputazione che hanno fatto giustizia. La difesa ha diritto di fare appello”. 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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