Il coraggio della convivenza

La nostra società viene definita come “multiculturale” ovvero uno spazio all’interno del quale coesistono più culture.

Molti hanno definito questa situazione come positiva, sinonimo di integrazione e tolleranza.

Tuttavia, il multiculturalismo non ha come fine la convivenza bensì la semplice coesistenza, la presenza appunto di culture diverse sullo stesso territorio che non instaurano nessun tipo di relazione.

Fenomeni come la globalizzazione, lo sviluppo della tecnologia, l’abbattimento di barriere fisiche e culturali, sembrano rispondere alle linee guida di una “cultura dominante”. Protagonista indiscusso è l’Occidente, che da sempre rivendica il ruolo di civilizzatore del mondo; tuttavia la tolleranza che vanta appare come una mascherata imposizione di un progetto che non ha come obiettivo l’armonia ma il predominio, espressione di una mentalità individualistica e capitalistica.

Se la molteplicità è ormai diventata una realtà del nostro mondo, siamo davvero civili quando trasformiamo l’integrazione in assimilazione, l’equità in uguaglianza?

L’Occidente ha sempre risposto al problema della diversità con l’assorbimento delle componenti minoritarie, ma questa non è l’unica strada.

A partire dagli anni settanta si è affermato il concetto di interculturalità, il quale nasce inizialmente per rispondere agli scambi culturali tra studenti della nascente generazione Erasmus.

Questa è solo una parte di un approccio che non risponde solo all’esigenza di creare un “ponte tra culture” ma ha il potere di modificare il concetto stesso di cultura, la quale, fino ad oggi è stata definita come un qualcosa di statico, immutabile.

È necessario educare all’interculturalità eliminando la convinzione che la pluralità sia una minaccia, che esistano culture di “serie a” e culture di “serie b”, che la conoscenza sia un strumento per dominare il diverso, violando qualsiasi equilibrio.  

Ma se gli Occidentali sono in “posizione di vantaggio” perché devono preoccuparsi?

La nostra società non è in difficoltà solo per l’emergenza immigrazione ma per altre problematiche che provengono dall’interno: lo scontro tra vecchie e nuove generazioni, le disparità tra Nord e Sud, l’omosessualità e le lotte per la parità di genere.

Ci vuole coraggio per convivere, per accettare il diverso, per comprenderlo, per fare in modo che non si parli di cultura come un macigno che pesa su ogni individuo ma come pratica culturale nella quale è presente la solidarietà, intesa come rispetto dei ritmi di vita di ogni società, come un dialogo sempre aperto con noi stessi e con gli altri.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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