di Francesco Piccinino Camboni
6 e 9 agosto: date scolpite nella coscienza umana
Un orologio nel Museo della Pace di Hiroshima si è fermato alle 8:15. È l’ora dello scoppio della bomba atomica “Little Boy”, sganciata il 6 agosto 1945 da un B-29 statunitense. Tre giorni dopo, il 9 agosto, “Fat Man” colpì Nagasaki alle 11:02. In totale, oltre 200.000 persone morirono entro la fine del 1945, molte altre negli anni successivi per le conseguenze delle radiazioni. Quel quadrante immobile, più di qualsiasi data scritta sui libri di storia, segna il punto in cui il tempo si è incrinato per il mondo intero.
Ogni anno infatti, quando il calendario segna il 6 e il 9 agosto, il mondo ricorda queste due città non solo come capitoli tragici della Seconda guerra mondiale, ma come monito permanente contro la distruzione totale.
Il lampo che distrusse
In Giappone, le cerimonie di Hiroshima e Nagasaki non sono soltanto momenti di lutto: sono un appello costante alla pace e al disarmo nucleare. I testimoni ricordano prima la luce accecante, poi un’onda d’urto che piegava l’aria, e infine il silenzio. Un silenzio vuoto dove prima c’erano voci, rumori di vita quotidiana, risate. Quel silenzio, raccontano gli hibakusha, è durato anni, e ancora oggi si insinua nelle commemorazioni, come se il tempo stesso avesse rispetto per quel dolore. Nelle parole dei sopravvissuti c’è un invito a non considerare mai l’arma atomica come “normale” strumento geopolitico. È un monito che si ripete, in un’epoca in cui la corsa agli armamenti sembra nuovamente accelerare.
Oltre la memoria
Il ricordo di Hiroshima e Nagasaki non appartiene soltanto al passato: è una lente per osservare il presente. Secondo le stime della “Federation of American Scientists”, all’inizio del 2025 nel mondo si contano circa 12.241 testate nucleari. Di queste, 9.614 fanno parte degli arsenali militari, e circa 3.912 sono già schierate con forze operative; più di 2.100 si trovano in stato di “alta allerta”, cioè pronte a essere impiegate in tempi molto rapidi.
Rispetto al picco di circa 70.300 testate registrato nel 1986, la riduzione è significativa, ma il ritmo dei tagli si è rallentato: oggi gli arsenali diminuiscono quasi solo grazie allo smantellamento di armi già ritirate, mentre il numero di quelle operative tende a crescere in alcuni Paesi. Stati Uniti e Russia detengono insieme circa l’87% delle testate mondiali, ma anche Cina, India, Pakistan e Regno Unito stanno espandendo gradualmente le loro scorte.
Questi dati non vogliono generare allarme, ma ricordare che il dibattito sul disarmo non è un tema “archiviato”. Le commemorazioni di Hiroshima e Nagasaki, in questo senso, non sono solo un omaggio alle vittime: sono anche un’occasione per interrogarsi su quale ruolo vogliamo dare, come comunità internazionale, a strumenti di potenza che portano con sé una responsabilità storica senza precedenti.
Cultura e racconto: come elaborare l’inenarrabile
Dal romanzo di Kenzaburō Ōe “Note di Hiroshima” al manga “Gen di Hiroshima”, fino ai numerosi documentari realizzati, l’arte giapponese ha cercato di dare forma a ciò che sfugge alla parola. Queste opere non “spiegano” l’atomica: la mostrano attraverso occhi umani, trasformando la memoria in un linguaggio condiviso.
E ci sono storie che sembrano uscite dalla finzione ma sono vere. Come quella di Tsutomu Yamaguchi, l’uomo che sopravvisse a entrambe le bombe. Era a Hiroshima il 6 agosto per lavoro, ferito, riuscì a tornare a casa a Nagasaki… giusto in tempo per vivere il secondo attacco il 9 agosto. Morì nel 2010, a 93 anni, diventando un simbolo vivente della fragilità e della resistenza umana.
Hiroshima e Nagasaki oggi
Eppure, in mezzo a questo vuoto, la vita si è ostinata a tornare. È curioso notare come a meno di un chilometro dall’epicentro, ora sorge un parco di alberi sopravvissuti alla bomba. Ancora oggi, i loro semi vengono inviati in tutto il mondo come messaggeri di resilienza. Questo stesso sentimento è ciò che anima le città al giorno d’oggi. Oggi Hiroshima conta circa 1,2 milioni di abitanti, Nagasaki poco meno di 400.000. Chi le visita trova delle città rinate dalle proprie ceneri. Ma sotto l’aspetto vivace, sopravvive una consapevolezza silenziosa: la prosperità attuale poggia su un passato irrimediabilmente spezzato. È un equilibrio fragile, in cui la memoria deve essere costantemente rinnovata per non scivolare nell’oblio. In un mondo che sembra aver dimenticato quanto sia facile distruggere, il vero atto di modernità è saper custodire il ricordo, giorno dopo giorno.
Fonti:
FAS (Federation of American Scientists) : https://fas.org/initiative/status-world-nuclear-forces/
UNITAR: https://unitar.org/sites/default/files/GLH%20-%20A-bombed%20Trees%20Database%20-%20Sept.%202011.pdf