Studio Cgia, il Sud sta peggio della Grecia

L’Italia e’ un Paese sempre piu’ spaccato a meta’: se, dopo la crisi, il Nord ha ripreso a correre e con qualche difficolta’ tiene il passo della locomotiva d’Europa, vale a dire la Germania, il Sud, invece, arranca e presenta una situazione socio/occupazionale addirittura peggiore della Grecia, che da oltre un decennio e’ stabilmente il fanalino di coda dell’Eurozona. E’ questo il risultato a cui e’ giunto l’Ufficio studi della Cgia dopo aver comparato una serie di indicatori economici, occupazionali e sociali della Germania con il Nord Italia e della Grecia con il nostro Mezzogiorno. Le variabili messe a confronto dall’Ufficio studi si raggruppano in 3 grandi aree: economia (Pil pro capite, produttivita’ del lavoro, export/Pil e saldo commerciale/Pil); lavoro (tasso di occupazione, tasso di occupazione femminile, tasso di disoccupazione e tasso di disoccupazione giovanile); sociale (rischio di poverta’ o esclusione sociale). Ma lo studio valuta anche la forte presenza dell’economia non osservata che, solo per la parte del lavoro irregolare, produce nel Mezzogiorno oltre 27 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso all’anno. Secondo una elaborazione della Fondazione Leone Moressa, citata dalla Cgia, tra il 2008 e il 2017 il Mezzogiorno d’Italia ha perso 310.000 occupati e ha registrato un aumento dei disoccupati pari a 592 mila unita’. Sempre nello steso arco temporale, al Nord i posti di lavoro sono aumentati di 74 mila unita’, mentre il numero dei senza lavoro e’ salito di 413 mila. L’Istat, tuttavia, stima che nel Mezzogiorno le unita’ di lavoro standard in nero siano pari a 1.300.000, contro le 776 mila presenti nel Nordovest e le 517.400 “occupate” nel Nordest. Cgia punta poi l’indice sulla ripresa dell’emigrazione: dal 2015 – secondo dati Svimez – il numero di cittadini del Mezzogiorno che per ragioni di lavoro ha raggiunto il Centronord e’ tornato a crescere. Se 3 anni fa a lasciare il Sud erano stati poco piu’ di 113 mila addetti, nel 2016 il numero e’ salito a 137 mila per sfiorare l’anno scorso quota 145 mila.

Dalle comparazioni fatte dalla Cgia emerge che in termini di Pil pro capite il Nord Italia sconta un differenziale negativo con la Germania di poco superiore ai 4.300 euro; il dato del Mezzogiorno, invece, e’ superiore a quello greco di 2.000 euro. Tuttavia un cittadino del settentrione dispone di oltre 15.600 euro all’anno in piu’ rispetto a un residente al Sud. Sul versante della produttivita’ del lavoro (valore aggiunto per occupato in euro), invece, sia il Nord sia il Sud hanno la meglio rispettivamente della media tedesca e di quella greca. E’ questo l’unico indicatore tra i 10 presi in esame dove l’esito delle due macro aree del nostro Paese e’ migliore di quello registrato a Berlino e ad Atene. In merito all’export, infine, i dati della Germania non hanno eguali nel resto d’Europa, tuttavia il Nord Italia si difende benissimo, registrando un gap molto contenuto, anche nel rapporto tra saldo commerciale e Pil. Tra la Grecia e il nostro Sud, invece, le esportazioni sul Pil sono maggiori nel Paese ellenico, anche se il Mezzogiorno d’Italia conta una bilancia commerciale meno squilibrata di quella greca. Sul versante occupazionale le distanze tra i dati riferiti al mercato del lavoro tedesco e quelli del Nord Italia sono importanti. Se il tasso di occupazione generale in Germania e’ superiore di quasi 10 punti, il tasso di disoccupazione, invece, e’ di poco inferiore alla meta’ (3,8 contro il 6,9 per cento). Altrettanto forte e’ il divario riferito al tasso di disoccupazione giovanile: in Germania e’ quasi 4 volte inferiore (6,8 contro il 24 per cento). Ugualmente preoccupanti i risultati che emergono dalla comparazione tra il nostro Sud e la Grecia. Solo per quanto concerne il tasso di disoccupazione generale il Mezzogiorno registra una situazione e’ migliore di quella greca (19,4 contro 21,5 per cento). In tutti gli altri casi Atene ha sempre la meglio. Quanto al rischio poverta’, sebbene il Nord Italia presenti degli indicatori occupazionali meno positivi della media tedesca, in materia di poverta’ o esclusione sociale la situazione si capovolge. Nelle nostre regioni settentrionali le percentuali sono inferiori sia al rischio poverta’ (19 contro 19,7 per cento), cosi’ come inteso dall’indicatore previsto dalla strategia Europa 2020, sia quando analizziamo il “tradizionale” indicatore del rischio poverta’ (12,1 contro il 16,5 per cento). Nelle comparazione tra il nostro Sud e la Grecia, infine, le distanze sono pesantissime e in entrambi i casi la popolazione greca presenta percentuali nettamente inferiori alle nostre

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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