L’Osservatorio

Coldiretti, il crac turismo coinvolge 3.400 agriturismi

Gli effetti del terremoto si sono sentiti sulle presenze dei 3400 agriturismi complessivamente attivi nelle quatto regioni colpite dove i turisti sono piu' che dimezzati. E' l'allarme lanciato dalla Coldiretti sugli effetti del sisma nelle campagne in riferimento allo studio della Camera di commercio di Monza e Brianza che stima in 170 milioni di euro i danni al settore turistico. Nei 131 comuni del cratere colpito dai terremoti del 24 agosto e del 26 e 30 ottobre secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat, operano 444 agriturismi dove si contano danni strutturali e al momento le uniche presenze residuali si riferiscono a quanti sono impegnati nell'opera di ricostruzione. Ma nelle quattro regioni la situazione e' difficile anche nelle aree non direttamente colpite dove per risollevare il turismo occorre un impegno a livello di promozione per riportare le persone in queste aree. A cio' vanno aggiunti i disagi legati alla conseguente difficolta' ad approvvigionarsi di prodotti, mentre le vendite di tipicita' ai turisti si sono ovviamente azzerate anch'esse sia per il blocco dell'attivita' di trasformazione e sia per la stessa mancanza di clienti anche per il trasferimento forzato delle popolazioni sulla costa.

In difficolta' - aggiunge la Coldiretti - e' l'intera offerta turistica delle zone terremotate che fondava il suo successo sulle sinergie tra cultura, ambiente e qualita' alimentare che rappresentano il valore aggiunto di quei territori. Di fronte ad una situazione insostenibile per la prima volta gli operatori dell'agriturismo insieme ad agricoltori e agli allevatori delle aree terremotate di Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio sono costretti a lasciare le campagne per raggiungere la Capitale dove arriveranno numerosi, con i propri animali che non riescono piu' a sostenere, domani martedi' 7 marzo dalle ore 9,00 davanti a Piazza Montecitorio a Roma.

 

immagine di repertorio

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Ammortizzatori, allarme Cgil per oltre 70mila lavoratori

"Una pericolosa situazione di stallo che grava pesantemente su lavoratori e imprese". E' quanto rileva la Cgil dall'analisi dei dati, forniti dall'Inps, in merito alle attivita' del Fondo d'integrazione salariale (Fis). L'ufficio Mercato del lavoro della Cgil nazionale, a quasi un anno dall'istituzione del Fis, elabora un primo parziale bilancio: "Nato per garantire un sostegno al reddito per i dipendenti delle imprese in crisi non soggette alla disciplina della cassa integrazione ordinaria e straordinaria, vive una condizione di preoccupante impasse: sono 74.313 i lavoratori, senza stipendio ne' ammortizzatori, che avrebbero diritto alle erogazioni del Fondo, ma non ne hanno ancora beneficiato". La Cgil rileva inoltre che "su 9,5 milioni di ore richieste (9.553.207) poco piu' di 1 milione e' stata autorizzata, solo il 10,7%. In sei regioni - denuncia - nessuna delle pratiche presentate dalle aziende all'Inps e' stata ancora accolta.

In Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Molise, Sardegna e Umbria le ore autorizzate sono pari a zero, e sono oltre 3mila i lavoratori senza la copertura economica di cui invece avrebbero diritto". Per la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti "e' inaccettabile che, nonostante molteplici provvedimenti, circolari ed indicazioni, la situazione sia ancora questa. Interrogheremo il Ministro Poletti al tavolo di confronto, previsto per mercoledi' 9 marzo, affinche' si faccia garante della immediata erogazione da parte dell'Inps delle prestazioni dovute". "Se cio' non dovesse avvenire - conclude - valutaremo tutte le iniziative utili per dare risposte a questi lavoratori".

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Il reddito medio degli italiani è di 20.690 euro

Il reddito complessivo dichiarato dagli italiani ammonta a circa 833 miliardi di euro con un valore medio che risulta pari a 20.690 euro: un valore superiore dell'1,3% rispetto al 2014. È quanto emerge dalle statistiche fiscali ufficiali, relative alla dichiarazione 2016 (sull'anno d'imposta 2015) diffuse dal Ministero dell'Economia (Mef). Se si osserva il redditocomplessivo del contribuente mediano, che rispetto alla media non è influenzato da valori particolarmente elevati, l'importo scende a 16.643 euro. Ciò significa - osserva il Mef in una nota esplicativa - che la metà dei contribuenti non supera 16.643 euro di reddito complessivo dichiarato. Secondo i dati di via XX Settembre il 45% dei contribuenti italiani si colloca nella classe fino a 15 mila euro mentre nella fascia compresa tra i 15 mila e i 50 mila euro si colloca il 49% dei contribuenti. Solo il 5,2% dei contribuenti dichiara più di 50 mila di euro versando comunque ben il 38% dell'Irpef totale. Una percentuale assai bassa, pari allo 0,1% (34 mila contribuenti in valori assoluti) ha dichiarato cifre superiori ai 300 mila euro. L'analisi territoriale conferma che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (24.520 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (22.860 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (14.780 euro); anche nel 2015 il reddito medio nelle regioni del Sud e del Centro è cresciuto meno rispetto alla media nazionale. I redditi da lavoro dipendente e da pensioni rappresentano poi circa l'82% del reddito complessivo dichiarato mentre il reddito da pensioni, è pari a circa il 30% del totale del reddito complessivo. Circa 40,8 milioni di contribuenti hanno assolto l'obbligo dichiarativo , direttamente attraverso la presentazione dei modelli di dichiarazione Unico e 730, ovvero indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d' i mposta ( Certificazione Unica - CU ). I l numero totale dei contribuenti è risulta to in lieve aumento ( + 0,1 %) rispetto all'anno precedente .

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Taxi, Cgia: in Italia i costi piu’ alti in Ue

I costi di gestione dei taxi italiani sono piu' elevati rispetto alla media dei Paesi dell'Area euro. Il gasolio per autotrazione, ad esempio, costa in Italia il 13,4 per cento in piu'; il peso della nostra pressione tributaria (ovvero le imposte, le tasse ed i tributi sul Pil) e' superiore di oltre 4 punti percentuali; la Rc auto da noi e' piu' alta del 57 per cento; mentre l'aumento medio del listino prezzi delle autovetture nuove registrato nel nostro Paese tra il 2007 (anno pre-crisi) e il 2016 e' stato del 14,4 per cento. Un incremento decisamente superiore a quelli avvenuti nei principali paesi che utilizzano l'euro. A denunciarlo e' l'Ufficio studi della CGIA che ha preso in esame le 4 principali voci di spesa che gravano sull'attivita' di un taxista. I risultati sono impietosi, soprattutto quando la comparazione avviene con la Germania: i taxisti di casa nostra pagano 0,207 euro in piu' un litro di gasolio rispetto ai colleghi tedeschi; 6,8 punti percentuali in piu' di tasse; 136 euro in piu' all'anno per assicurare l'automezzo. Secondo la CGIA e' importante aver messo a confronto questi dati per chiarire alcune elaborazioni apparse nelle settimane scorse che comparavano le tariffe medie delle corse nelle principali citta' europee che, in assenza di un'analisi anche dei costi, hanno poco senso.

In merito alle motivazioni che, invece, hanno portato la categoria dei taxisti a protestare duramente contro il cosiddetto "emendamento Lanzillotta", il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo, dichiara: "Riteniamo che tutti i processi di liberalizzazione dovrebbero avere come obbiettivo quello di ridurre i costi a carico dei consumatori e migliorare le condizioni generali di mercato. In queste ultime settimane, invece, ci e' parso di capire che la deregolamentazione che alcuni parlamentari della maggioranza volevano introdurre per decreto nel settore del trasporto pubblico non di linea avesse come obbiettivo quello di colpire una categoria che non gode dei favori dell'opinione pubblica".

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Povertà. L’Albero della Vita: programma socio assistenziale con Varcare la Soglia

"Il continuo accrescimento della povertà della popolazione del nostro Paese è un tema di grande urgenza”. La sollecitazione arriva da Ivano Abbruzzi, presidente di Fondazione L’Albero della Vita onlus nel commentare la sesta edizione del Sodalitas Social Innovation, Varcare La Soglia, il programma di Fondazione L’Albero della Vita che ha già dato un sostegno a 1058 beneficiari di cui 661 minorenni, nelle città di Milano, Palermo e Genova, che versano una situazione di povertà assoluta. Il progetto si è, inoltre, aggiudicato il Premio UBI Banca “Social Bond”. "Varcare La Soglia è un programma socio-educativo di inclusione sociale e contrasto alla povertà che punta alla valorizzazione del potenziale delle famiglie in difficoltà favorendo la consapevolezza delle proprie competenze e risorse interne, tenendo sempre al centro il benessere dei bambini e la crescita dell’impegno sociale e civile delle persone coinvolte come fattore di cambiamento più esteso a livello comunitario e sociale". Attraverso questo intervento, Fondazione L’Albero della Vita, offre una risposta concreta a un fenomeno allarmante del nostro Paese: gli ultimi dati Istat dichiarano, infatti, che un minorenne su dieci vive in povertà assoluta. Nel Centro Italia la povertà relativa si aggrava in particolare tra le famiglie con due figli e il dato di povertà minorile è tornato a crescere nell’ultimo anno (17,1% contro il 13,4% nel 2014). "Serve un intervento puntuale", prosegue  Abbruzzi, "e differente dall’alleanza sempre più efficace per perseguire obiettivi di interesse sociale con una redditività sostenibile perché capace di autoalimentarsi. Il riconoscimento di oggi e il sostegno di UBI ci dimostrano, ancora una volta, che la metodologia applicata con Varcare La Soglia che punta alla valorizzazione del potenziale delle persone possa rappresentare un approccio innovativo al contrasto della povertà”. Varcare la Soglia, attivo nelle città di Milano, Palermo, Genova, Roma e in avvio a Catanzaro, si svolge attraverso quattro assi di lavoro: sostegno materiale; sostegno socio-educativo; la rete di prossimità, ovvero il rafforzamento delle interazioni sociali a supporto della comunità. Gli ultimi due assi di lavoro vedranno l’affiancamento di partner del mondo profit: Fondazione per l’Educazione Finanziaria e Fondazione di ABI (Associazione Bancaria Italiana), che formeranno gli operatori di Fondazione L’Albero della Vita.

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Indagine Demoskopica, per contenziosi della Pubblica Amministrazione spesi 5 miliardi dal 2010

Lo Stato e gli enti locali hanno speso per liti e contenziosi tra il 2010 e l'inizio del 2017 quasi cinque miliardi di euro. Il calcolo arriva da Demoskopikache spiega come da questa cifra siano escluse le spese degli enti di previdenza. Demoskopika calcola in 410 mila euro l'esborso medio per ente locale in Italia con una crescita dell'1,8% nel 2016 rispetto al 2015.

Il Sud - si legge in una nota di presentazione della ricerca - risulta piu' litigioso del Nord con pagamenti superiori di un quintuplo. La spesa delle istituzioni ai vari livelli e' quella legata a sentenze esecutive di cause amministrative o civili che le hanno viste perdenti, o determinata dagli oneri relativi alla difesa dei propri dipendenti nei cui confronti si e' verificata l'apertura di un procedimento di responsabilita' civile, penale o contabile per fatti o atti direttamente connessi a compiti d'ufficio o all'espletamento del servizio. Stato e amministrazioni locali- secondo quanto emerge dalla ricerca che si basa sui dati Siope della Ragioneria dello Stato - hanno emesso mandati di pagamento per cause perse e patrocinio legale per 4.906 milioni di euro, poco meno di 2 milioni di euro al giorno.

In particolare, i costi sostenuti dallo Stato ammontano a 1.553 milioni di euro pari al 31,6% del costo complessivo (1.044 milioni di euro per l'esborso da contenzioso verso cittadini, poco piu' di 211 milioni di euro, per l'esborso da contenzioso verso personale dipendente, 136 milioni di euro da esborso da contenzioso verso fornitori, 165 milioni di euro da oneri derivanti da rapporti con terzi quali, ad esempio, pagamenti di commissioni bancarie, interessi bancari per l'impiego di fondi anche in temporanea assenza di copertura, nonche' forme di penali previste contrattualmente). Per quanto riguarda i pagamenti delle amministrazioni locali, dai dati emerge che 8.177 enti locali tra Regioni, Province e Comuni hanno generato una spesa complessiva per contenzioso pari a 3.354 milioni di euro (2.139 milioni di euro per mandati di pagamenti finalizzati alla copertura delle spese legali per liti e a seguito di sentenze esecutive di cause amministrative o civili che hanno visto soccombere le amministrazioni comunali (43,6%), circa 967 milioni di euro per le Regioni (19,7%) e, infine, poco meno di 248 milioni di euro per le Province (5,1%).

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Parametri di Maastricht rispettati da 12 paesi su 28 dell’Unione Europea

Sono 16 su 28 Paesi che compongono l'Unione europea che l'anno scorso non hanno rispettato le disposizioni previste dai 2 principali criteri di convergenza sanciti dagli accordi di Maastricht (1992), ribaditi a Lisbona (2007) e sanciti con il Fiscal compact (2012). Vale a dire il rapporto deficit/Pil sotto il 3 per cento e il rapporto debito/Pil non superiore al 60 per cento. E' quanto emerge da una elaborazione effettuata dall'Ufficio studi della CGIA. Ad eccezione della Polonia, tra i 12 paesi virtuosi e' importante segnalare che si tratta in massima parte di realta' di piccola dimensione: tra queste scorgiamo Malta, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Bulgaria ed Estonia che fanno parte dell'Area euro. Si pensi che questi 12 paesi rappresentano appena il 12 per cento del Pil dell'intera Unione europea. La crisi, ovviamente, ha contribuito in maniera determinante al mancato rispetto di questi parametri. Tra il 2009 e il 2016, ad esempio, solo 3 Paesi in Ue (Svezia, Estonia e Lussemburgo) non hanno mai "sforato" la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/Pil; mentre Spagna, Regno Unito e Francia lo hanno fatto ben 8 volte (ovvero ogni anno); Grecia, Croazia e Portogallo 7. L'Italia, invece, lo ha fatto in 3 occasioni e in questi anni ha mantenuto un'incidenza percentuale media del disavanzo pubblico al -3,3: contro il -7,9 della Spagna, il -6,6 del Regno Unito e il -4,8 della Francia.

"Delle due l'una - commenta il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo - o le disposizioni previste da Maastricht sono troppo rigide, oppure le economie piu' avanzate d'Europa, dopo tutte le crisi economiche e finanziarie che sono scoppiate in questi ultimi anni, non ce la fanno piu' ad adeguarvisi. In entrambi i casi, comunque, e' necessario intervenire, introducendo margini di sicurezza per debiti e deficit eccessivi meno stringenti, perche' le politiche di austerita' e di rigore praticate fino ad adesso non hanno funzionato. Anzi, hanno peggiorato i conti e hanno aumentato a dismisura la disoccupazione e l'esclusione sociale in tutta Europa". E mentre siamo in attesa di conoscere la composizione della manovra di correzione richiestaci da Bruxelles che dovrebbe ridurre il nostro disavanzo pubblico di 3,4 miliardi di euro, e' utile ricordare che dal 2009 l'andamento del nostro deficit e' in sensibile diminuzione. Se 8 anni fa registravamo un rapporto deficit/Pil del -5,3 per cento (pari a quasi 83 miliardi di disavanzo), l'anno scorso, secondo le stime della Commissione Europea, questo indicatore si e' attestato al -2,3 per cento (37,7 miliardi).

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Inps: nel 2016 crollano le assunzioni stabili -37,6%

Alla fine del 2016, nel settore privato, i rapporti di lavoro attivi risultano aumentati di 340.000 unita' rispetto alla fine del 2015, come saldo tra le assunzioni e le cessazioni intervenute nel periodo. L'incremento dei rapporti di lavoro nel 2016 - si legge nell' Osservatorio sul precariato dell'Inps - si aggiunge a quello, ancora piu' consistente, osservato nel 2015 (+628.000). Il risultato complessivo del biennio 2015-2016 e' pari a +968.000; nel biennio precedente 2013-2014 si erano registrati sempre saldi negativi (nel 2014 -34.000 unita', nel 2013 -101.000). Il risultato del 2016 e' imputabile prevalentemente al trend di crescita netta registrato dai contratti a tempo determinato, il cui saldo annualizzato, pari a +222.000, ha significativamente recuperato la contrazione registrata nel 2015 (-253.000), indotta dall'elevato numero di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato. Il saldo dei contratti a tempo indeterminato risulta comunque positivo e pari a +83.000 (sommato al saldo 2015, +934.000, evidenzia un incremento delle posizioni di lavoro a tempo indeterminato attorno al milione). Al risultato di fine anno ha concorso significativamente l'elevato livello di trasformazioni di rapporti a termine indotto, a dicembre (92.000; 379.000 nell'intero 2016), dalla fine dell'esonero contributivo biennale e delle incentivazioni per i lavoratori in lista di mobilita'. Anche i rapporti di lavoro di apprendistato nel 2016 hanno conosciuto un incremento (+29.000).

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Istat, le vendite a dicembre in calo dello 0,5%

 A dicembre 2016 si registra una flessione generalizzata delle vendite al dettaglio. Complessivamente - spiega una nota dell'Istat - rispetto al mese precedente si rileva un calo dello 0,5% in valore e dello 0,7% in volume. Le vendite di beni alimentari diminuiscono dello 0,2% in valore e dello 0,7% in volume; quelle di beni non alimentari calano dello 0,8% sia in valore sia in volume. Nella media del quarto trimestre 2016 l'indice complessivo delle vendite al dettaglio segna un lieve aumento congiunturale (+0,1%) in valore, mentre l'indice in volume registra una variazione nulla. Rispetto a dicembre 2015 le vendite diminuiscono complessivamente dello 0,2% in valore e dello 0,6% in volume. Le vendite di prodotti alimentari crescono dello 0,2% in valore e diminuiscono dello 0,9% in volume. Quelle di prodotti non alimentari sono in flessione dello 0,4% in valore e 0,6% in volume.

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Studio Cgia, più assenze nella P.A. che nel privato per malattia

 Più assenti per malattia nella pubblica amministrazione ma nel privato in media si resta più giorni a casa. E' quanto emerge da un'elaborazione dell'Ufficio studi della Cgia dei dati dell'Inps. Le assenze per motivi di salute nel pubblico impiego registrate nel 2015 hanno interessato il 57% di tutti gli occupati (poco più di 1 dipendente su 2), nel settore privato, invece, la quota si è fermata al 38% (più di 1 dipendente su 3). La durata media annua dell'assenza per malattia dal luogo di lavoro è però leggermente superiore nel privato (18,4 giorni) che nel pubblico (17,6 giorni). Gli eventi di malattia presentano uno scostamento sospetto nel primo giorno di assenza: se nel pubblico costituiscono il 25,7% delle assenze totali, nel privato si riducono di oltre la metà (12,1%). Quelle da 2 a 3 giorni, invece, si avvicinano (32,1% del totale nel privato e 36,5% nel pubblico), mentre tra i 4 e i 5 giorni di assenza avviene il sorpasso: 23,4% nel privato contro il 18,2% del pubblico. Interessante, sottolinea la Cgia, è il risultato che emerge dall'elaborazione relativa agli eventi di malattia per regione. Tra il 2012 e il 2015, in tutte le regioni d'Italia sono in aumento le assenze nel pubblico (dato medio nazionale pari a +11,9%), con punte che superano il 20% in Umbria e Molise. Nel privato, invece, in ben 9 realtà territoriali si registra un calo: in Calabria e in Sicilia addirittura del 6%. Nel periodo analizzato il dato medio nazionale è aumentato solo dello 0,4%. Dalla Cgia ricordano che i dati Inps sono stati estratti dall'Osservatorio sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici dell'Inps, avviato nel 2011. In queste statistiche non sono riportate le assenze riferite alla gravidanza, alle disposizioni previste dalla legge 104/1992 (assistenza disabili) e alla donazione del sangue. 

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