Una colazione salata fatta la mattina presto, intorno alle 6.30, un pranzo abbondante alle 12.30 e poi una cena leggera alle 18.30. Con un ‘salto’ tra l’ultimo pasto e il pranzo del giorno dopo di almeno 17 ore. E’ questo il segreto della longevità in Abruzzo secondo quanto emerge da uno studio effettuato dall’Università di Teramo, relativamente a un caso di invecchiamento di successo, su 151 Comuni localizzati principalmente nelle aree interne a ridosso dei Parchi Abruzzesi, dove risiedono 503 centenari e 18mila nonagenari (dati Istat). La ricerca è stata presentata al XX congresso della Società italiana di scienze dell’alimentazione (Sisa), che si è tenuto a Roma all’Università Sapienza. “Anzitutto, vi sono delle affinità con la maggior parte degli studi sui centenari, legati a due aspetti fondamentali della longevità, ossia l’attività fisica costante e una dieta sana, con elevato consumo di prodotti di origine vegetale (frutta, verdura, legumi, cereali), con la particolarità dell’assenza quasi totale di dolci – spiega Mauro Serafini, professore ordinario di alimentazione e nutrizione umana, Università di Teramo e consigliere Sisa – L’aspetto nuovo che emerge nel 93% dei nonagenari e nell’82% dei centenari è di aver seguito una tradizione alimentare tipica dell’Abruzzo, lo ‘sdijuno’, che significa ‘stappa digiuno’: una colazione salata di circa 300 calorie, fatta verso le 6.30. A seguire – ricorda Serafini – alle 12.30 c’era un pranzo abbondante con cibi come polenta, legumi, carne, pasta fatta in casa, e intorno alle 18.30, cena a base di verdure, minestre, uova, formaggi. Con questi ritmi si favorisce un basso stress infiammatorio notturno, in linea con i ritmi circadiani che vedono rallentare il nostro metabolismo nelle ore serali”
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